Fonte foto: instagram

Stava passeggiando con il cugino a Minneapolis, Darnella Frazier, quando si imbatté nell’arresto in cui fu ucciso il 46enne George Floyd. “Non riesco a respirare” ripeteva Floyd, mentre l’agente Derek Chauvin il 25 maggio del 2020 lo bloccava a terra con un ginocchio sul collo. Frazier non rimase a guardare immobile. Attivò la videocamera dello smartphone e iniziò a filmare. Quelle immagini hanno fatto il giro del mondo e sono state utilizzate come prova nel processo che ha portato ad aprile scorso alla condanna per omicidio di secondo grado, omicidio di terzo grado e omicidio colposo dell’ormai ex ufficiale Chauvin.

Per il coraggio mostrato, il comitato del Premio Pulitzer ha deciso di conferire alla giovane Frazier – oggi 18enne – un premio giornalistico speciale. “Ho visto un uomo terrorizzato, che implorava per la sua vita”, ha detto Frazier al processo contro Chauvin in cui è stata a chiamata a testimoniare. “Era terrorizzato, stava chiamando sua madre”, ha raccontato  “Quando guardo George Floyd, guardo mio padre, guardo mio fratello, i miei cugini, i miei zii, perché sono tutti neri – ha affermato – E guardo come avrebbe potuto essere con uno di loro”.

Fonte foto: Darnella Frazier (facebook)

La giovane, in occasione dell’anniversario della morte di Floyd, ha voluto ricordare quel giorno drammatico con un lungo messaggio pubblicato su Facebook in cui ha raccontato come è cambiata la sua vita da quel momento.  “Avevo solo 17 anni all’epoca, un giorno normale per me. Accompagnavo mio cugino di 9 anni al negozio all’angolo – ha scritto -, non ero preparata per quello che stavo per vedere, non sapevo nemmeno che la mia vita sarebbe cambiata in quel giorno esatto, in quei momenti esatti”. Frazier, poi, ha svelato le conseguenze di quel “peso”, quel “trauma” che l’ha cambiata: svegliarsi con i giornalisti alla porta, gli incubi che le hanno reso le notti insonni, attacchi di panico, l’ansia, la paura della polizia. Frazier prova a spiegare quanto sia difficile vivere in America da neri: “Siamo guardati come delinquenti, animali e criminali, tutto per il colore della nostra pelle”. “Perché – si chiede – i neri sono gli unici che vengono visti in questo modo quando ogni razza ha qualche tipo di illecito?”. “Molti mi chiamano eroe – ha scritto – anche se non mi vedo come tale. Ero proprio nel posto giusto al momento giusto. Dietro questo sorriso, dietro questi riconoscimenti, dietro la pubblicità, sono una ragazza che cerca di guarire da qualcosa che mi ricordo ogni giorno. Tutti parlano della ragazza che ha registrato la morte di George Floyd, ma essere lei è un’altra storia.

Il video registrato da Frazier ha sollevato le proteste che hanno infiammato gli Stati Uniti d’America contro le violenze della polizia e il razzismo. Quel filmato però non è bastato a mettere un punto ai casi di uccisioni durante gli arresti negli Usa. Mentre si celebrava il processo contro Chauvin per l’omicidio di Floyd, un altro afroamericano veniva ucciso durante un controllo della polizia, il 20enne Daunte Wright, e diversi altri casi sono seguiti fino ad oggi.

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