Lunedì e martedì in Ecuador ci sono state diverse sommosse nelle carceri, ed assalti violenti in molte città, culminati poi nell’ assalto agli studi della Tc, trasmesso in diretta. Oltre alle violenze nella seconda città del Paese, Guayaquil, disordini si sono verificati in sei carceri e altri atti di violenza sono stati registrati nella capitale Quito ed in numerose città.

A pochi mesi dal suo insediamento, il Presidente della repubblica, Daniel Noboa, è stato costretto a registrare la prima grande crisi di sicurezza ed a dichiarare lo stato di emergenza in tutta la nazione. Nel decreto firmato martedì, Noboa ha dichiarato che nel Paese è in corso un “conflitto armato interno” ed ha elencato la presenza sul territorio nazionale di ben 21 gruppi del crimine organizzato transnazionale, caratterizzati come “organizzazioni terroristiche e attori non statali belligeranti”.

Già 4 mesi fa in Ecuador era stato dichiarato lo stato di emergenza, dopo l’assassinio del candidato Fernando Villavicencio da parte dei narcotrafficanti. Una volta eletto, Noboa aveva promesso un inasprimento delle misure nei confronti della criminalità organizzata che si sarebbe concretizzato da subito riprendendo il controllo delle carceri che – come riporta il NYT – sarebbero almeno per un quarto in mano ai criminali.

Ad un passo dalla guerra civile

Sarebbero otto fino ad ora le vittime a Guayaquil, la città portuale da dove ha avuto inizio l’escalation di violenze. Nel secondo giorno di coprifuoco nel paese sudamericano si sono moltiplicati i saccheggi nei centri commerciali, sono stati diffusi filmati in cui si vedono uomini armati sparare a vetture della polizia mentre si rincorrono gli appelli a restare nelle proprie abitazioni. Sospesi il trasporto su gomma e la circolazione. Evacuato ieri il parlamento di Quito. L’accesso all’aeroporto – comunque aperto – è consentito solo alle persone già in possesso di biglietto.

Il ministero della Salute dell’Ecuador ha disposto la sospensione a data da destinarsi dei servizi ambulatoriali, ricoveri ed interventi chirurgici programmati, garantendo che nel Paese potranno essere erogati esclusivamente i servizi di emergenza negli ospedali.

Le vittime

Secondo il quotidiano El Diario, cifre ufficiali su vittime e violenze ancora non sarebbero state confermate dalle Autorità, la stima attuale riguarderebbe soltanto la somma di informazioni pubblicate attraverso fonti della polizia o delle amministrazioni locali.

Attualmente, ai due morti di Nobol ed agli otto morti di Guayaquil comunicati martedì, se ne sarebbero aggiunti altri tre nel quartiere di Isla Trinitaria, sempre a Guayaquil. Dal suo account su X la polizia dell’Ecuador ha fatto sapere che le persone sino ad ora arrestate per attentati ed atti di terrorismo sarebbero 70.

Secondo El Diario, Guayaquil è stata effettivamente l’epicentro delle violenze, con 29 attacchi ad edifici, tra cui cinque ospedali e il canale pubblico TC Television, assaltato da “un commando di terroristi” poi tratti in arresto. La città portuale è anche la sede dei Los Choneros, nonché snodo per il traffico di droga internazionale.

Sparatorie in diretta tv

Nel pomeriggio del 9 gennaio un gruppo armato ha fatto irruzione in uno studio della tv pubblica a Guayaquil. Nelle drammatiche immagini trasmesse in diretta, uomini in tuta sportiva con i volti incappucciati, cingendo tra le mani granate e fucili mitragliatori hanno preso in ostaggio giornalisti e tecnici, minacciandoli di morte.

Interminabili i minuti di panico nella diretta che, attraverso i social, ha fatto il giro del mondo fino a quando, tra i rumori degli spari e le urla dei giornalisti che imploravano di aver salva la vita, si spengono le luci dello studio ed irrompono le forze speciali della Polizia che liberano gli ostaggi traendo in arresto 13 persone, parte del gruppo degli aggressori.

Dall’evasione di Fito l’aumento delle violenze

Risalirebbe allo scorso 8 gennaio “la scoperta” della polizia dell’evasione di Adolfo Macias, il superboss, detto Fito, colui che terrebbe attualmente in scacco il Paese, il capo del gruppo criminale Los Choneros, la più grande banda di narcotrafficanti dell’Ecuador, con circa 8.000 uomini. Il quarantaquattrenne, re dell’impero della droga ed al comando dell’organizzazione dal 2020, dopo l’uccisione dei suoi sodali Jorge Luis Zambrano e Junior Roldan, è stato condannato nel 2011 a 34 anni di carcere per diversi reati, tra cui traffico di droga ed omicidio, ma sarebbe evaso dal penitenziario regionale di Guayaquil durante lo scorso Natale (non si esclude anche prima!) ed in cella sarebbe stato sostituito da un sosia.

Le forze di polizia avevano inizialmente ipotizzato si trovasse nascosto all’interno del carcere, per questo motivo la notizia dell’evasione sarebbe stata ritardata. La scomparsa di “Fito”, infatti, è stata annunciata successivamente rispetto al mancato ritrovamento dell’uomo nella struttura penitenziaria. Contro i due funzionari carcerari “che lo avrebbero aiutato a fuggire” è stata subito avviata una indagine.

Anche un altro boss, Fabricio Colón Pico, detto “el Selvaje” (il Selvaggio), leader del cartello dei Los Lobos, sarebbe riuscito a fuggire dal carcere di Riobamba, nella provincia di Chimborazo, dove era stato rinchiuso sempre per l’omicidio di Villavicencio, ed avrebbe portato con sé nella fuga una trentina di reclusi. Per questi motivi, al fine di scongiurare nuove evasioni, moltissimi uomini delle forze armate vengono impiegati in questi giorni per circondare gli obiettivi sensibili come i penitenziari.

Il conflitto armato interno preoccupa gli Usa

È altissima l’allerta in tutto il Sudamerica.
Il Perù ha decretato l’invio immediato di un contingente delle forze speciali alla frontiera con l’Ecuador. Argentina, Bolivia e Colombia hanno manifestato pieno sostegno alle autorità di Quito.
Pieno appoggio all’azione di Noboa giunge anche da parte dell’ex presidente Rafael Correa: “È il momento dell’unità nazionale, perché il crimine organizzato ha dichiarato guerra allo stato, e lo stato deve prevalere e vincere”, ha dichiarato, esortando il suo successore a non cedere, “perché qualsiasi errore e le nostre divergenze politiche potranno essere discusse il giorno dopo della vittoria. La Patria vincerà nuovamente!”.

Gli Stati Uniti hanno espresso “profonda preoccupazione” per quanto sta accadendo dichiarandosi “pronti a fornire assistenza al governo ecuadoriano”.
Il Presidente Noboa già contava sul supporto di Washington per avviare il cosiddetto Piano Phoenix, volto ad aumentare la sicurezza nel paese ma ancora non attuato, poiché trascorsi solo pochi mesi dal suo insediamento. Il piano prevederebbe un investimento di circa 800 milioni di dollari (di cui 200 verrebbero forniti dagli Stati Uniti sotto forma di aiuti militari, secondo quanto si legge su Reuters) per creare una nuova unità di intelligence, costruire nuove prigioni di massima sicurezza, rafforzare i controlli nei porti e negli aeroporti e dotare le forze di polizia di armi tattiche.

Gli italiani in Ecuador

L’Ambasciata d’Italia in Ecuador informa i cittadini italiani presenti nel Paese che sta seguendo con la massima attenzione gli sviluppi della situazione in corso raccomandando, per qualsiasi situazione di emergenza, di utilizzare il numero telefonico messo a disposizione +593(0) 999780861. La Farnesina e l’ambasciata d’Italia in Ecuador seguono l’evoluzione degli eventi nel Paese con il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Lo si apprende dal profilo X della Farnesina dove si invita per qualsiasi esigenza o segnalazione a contattare l’Unità di Crisi e visitare il sito Viaggiare Sicuri.

L’Ecuador prima del caos

L’Ecuador, un tempo tra i Paesi più pacifici dell’America Latina, è scosso da anni da un’inarrestabile ondata di violenza che nel 2023 ha fatto registrare circa il doppio delle vittime rispetto all’anno precedente. Il Paese è diventato un centro sempre più importante per il narcotraffico latinoamericano, in particolare per la cocaina, di cui i due stati con cui confina a nord ed a sud – Colombia e Perù – sono i primi produttori al mondo. Il Rapporto globale sulla cocaina 2023, delle Nazioni Unite, riporta che tra il 2020 e il 2021 la coltivazione dell’arbusto è aumentata di ben il 35%.

Le bande di trafficanti sono arrivate a reclutare anche bambini e le carceri si sono ormai trasformate in veri e propri centri di potere dei trafficanti che le forze di polizia non sono più in grado di gestire. La criminalità organizzata ha, nel frattempo, stretto accordi con i più potenti cartelli internazionali, da quelli messicani a quelli albanesi, e da alcuni giorni è caos in Ecuador: tra saccheggi e sommosse, con bande armate in azione ovunque è in atto una crisi di sicurezza che non conosce precedenti.

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