Ieri mattina all’alba, attraverso la tv di Stato, in Iran è stata comunicata ufficialmente la notizia della morte del suo presidente Ebrahim Raisi. I funerali si terranno martedì a Tabriz. Saranno 5 i giorni di lutto nazionale, secondo quanto annunciato dalla guida suprema Ali Khamenei.
L’incidente, tra notizie e smentite
Il 19 maggio, Raisi, dopo la visita in Azerbaigian al suo omologo lham Aliyev, con il quale aveva partecipato all’inaugurazione di una diga, viaggiava su un elicottero che, per cause ancora da accertare, avrebbe avuto un incidente.
In viaggio con Raisi c’erano il capo delle sue guardie del corpo, il generale Mehdi Mousavi, il pilota, il copilota, il tecnico di volo, il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian, il governatore della provincia dell’Azarbaijan orientale, Malek Rahmati, ed il leader della preghiera del venerdì di Tabriz, Mohammadali Al-Hashem.
Domenica è stata una giornata convulsa, trascorsa tra notizie e smentite sul grave incidente. Le prime informazioni, arrivate dai media iraniani, avevano riferito di un incidente, non specificando se l’elicottero coinvolto fosse quello a bordo del quale si trovava Raisi. Poi, il susseguirsi caotico di aggiornamenti, spesso contraddittori, ha scandito l’intera giornata.
Un filo di speranza era arrivato ad un certo punto dal vicepresidente esecutivo iraniano Mohsen Mansouri, che aveva parlato di un “contatto” con uno dei passeggeri e con un membro dell’equipaggio del velivolo precipitato. Poi, però, si era tornati di nuovo nell’incertezza, tra annunci e smentite del ritrovamento dell’elicottero.
Il primo resoconto ufficiale è stato diffuso da Ahmad Vahidi, ministro dell’Interno, che ha parlato di un “duro atterraggio” dell’elicottero con a bordo Raisi, il ministro degli Esteri, il governatore della provincia e il principale imam della regione, “a causa delle cattive condizioni meteorologiche”. Dalle sue parole era stato subito chiaro che la situazione era difficile. Aveva fatto anche sapere che i soccorritori non riuscivano a raggiungere il luogo dell’incidente per la nebbia.
Sarebbero state almeno 40 le squadre di soccorso che si sono messe alla ricerca del velivolo nel momento in cui si è diffusa la notizia dell’incidente. Russia e Turchia, storici alleati della Repubblica islamica dell’Iran, sono stati tra i primi Paesi ad inviare mezzi ed uomini. Il velivolo, incastrato in una fitta foresta, sarebbe stato proprio individuato da un drone turco che ha localizzato una fonte di calore, consentendo alle autorità iraniane di dirigere i soccorsi con maggiore precisione.
Le ipotesi
L’elicottero faceva parte di un convoglio presidenziale di tre velivoli, dei quali soltanto due hanno raggiunto la destinazione. L’incidente sarebbe avvenuto in una zona impervia e montuosa dell’ Azeirbaigian, a circa 100 km da Tabriz (città dove Raisi era atteso), nei pressi del villaggio Tavil. Le vittime sarebbero tutte morte carbonizzate.
“Quando è stata scoperta la posizione dell’elicottero precipitato, non è stata trovata alcuna traccia di passeggeri vivi”, ha dichiarato il capo della Mezzaluna Rossa iraniana, Pir Hossein Kolivand, al canale televisivo IRIB. Alla base del disastro, secondo le prime ricostruzioni, ci sarebbero le condizioni metereologiche della zona, dove pioggia e nebbia avrebbero reso difficile il volo.
Dettagli che fanno avvalorare altre ipotesi che riguarderebbero il mezzo su cui viaggiavano il presidente ed il suo staff: un elicottero vecchio almeno di 40 anni. Alla manutenzione dei velivoli non verrebbero destinate in Iran – secondo gli esperti – risorse adeguate a causa delle sanzioni internazionali. La flotta aerea militare del paese islamico sarebbe oggi in gran parte composta da velivoli risalenti a prima della rivoluzione islamica del 1979.
Intanto Mohammad Bagheri, il capo di Stato Maggiore dell’esercito iraniano. ha ordinato l’apertura di un’indagine condotta da “un comitato di alto rango” sulle cause dello schianto. Secondo quanto riportato dall’agenzia di Stato iraniana Irna, il sinistro sarebbe stato causato da “un guasto tecnico”
Raisi ed il dopo Raisi
L’ultraconservatore 63enne Ebrahim Raisi, tra i favoriti dei Pasdaran per diventare nuova Guida Suprema, è stato eletto presidente della Repubblica islamica nel 2021. Allora il suo Paese era in preda ad una profonda crisi sociale e faceva i conti con un’economia in ginocchio per le sanzioni statunitensi al programma nucleare.
Da anni sanzionata a livello internazionale per il suo coinvolgimento nell’esecuzione di massa di migliaia di prigionieri politici sin dalla sanguinosa guerra Iran-Iraq degli anni ’80, e fino alle recenti proteste per Mahsa Amini (arrestata nel 2022 per il modo in cui indossava l’hijab e deceduta in circostanze sospette dopo tre giorni di coma), la Repubblica islamica fa i conti, oggi, oltre che con le sanzioni per l’arricchimento dell’uranio (quasi a livelli nucleari) anche con quelle per il coinvolgimento nella guerra in Ucraina e nella Striscia di Gaza.
Nemico degli Stati Uniti e di Israele, Raisi ha portato lo scontro con lo Stato ebraico al livello più alto con il primo attacco iraniano in territorio nemico, sullo sfondo della guerra a Gaza. La sua dipartita rischia oggi di dare il là a nuove turbolenze nel Paese che potrebbero minare i già fragili equilibri in Medio Oriente. Per questo, accertata la sua morte, è subito intervenuto l’Ayatollah Ali Khamenei, guida suprema del Paese, rassicurando che non ci sarebbero stati vuoti di potere.
Il governo iraniano ha annunciato, intanto, che opererà “senza interruzioni” dopo la morte del presidente Raisi: “Il presidente del popolo iraniano, laborioso ed instancabile, ha sacrificato la sua vita per la nazione. Assicuriamo alla nazione leale che, con l’aiuto di Dio e il sostegno del popolo, non ci sarà la minima interruzione nell’amministrazione del Paese”, queste le parole nel comunicato del governo iraniano.
Mohammad Mokhber, vicepresidente dell’Iran, ha già ricevuto l’incarico ad interim. Secondo la costituzione iraniana, infatti, in caso di morte, licenziamento, dimissioni, assenza o malattia superiore a due mesi del Presidente della Repubblica, gli subentra il primo vicepresidente, assumendo le funzioni di presidente fino allo svolgimento delle elezioni, entro un periodo massimo di 50 giorni.