Fonte foto: schreenshot video

I carri armati si muovono lungo il confine. I bombardamenti a est non si fermano: i colpi di mortaio continuano a sentirsi nelle due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk, nel Donbass. In Ucraina sembra che l’invasione russa e la guerra siano sempre più vicine. Le truppe russe sono entrate a Donetsk e Luhansk, ma il timore è che possano assaltare la capitale, Kiev.

A Novoluhanske i separatisti hanno attaccato vari edifici e ucciso un uomo. Una centrale elettrica è stata colpita a Shchastya, a 30 chilometri da Luhansk. Nella regione di Donetsk c’è chi non vuole separarsi dall’Ucraina: nella città di Mariupol si è svolta una manifestazione a favore del governo centrale, ne ha dato notizia su Twitter la giornalista Olga Tokariuk. Le immagini pubblicate mostrano qualche centinaio di persone radunate con le bandiere ucraine.

Dopo il riconoscimento da parte della Russia delle due repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, nel Donbass, Putin ha risposto ai giornalisti, e sugli accordi di Minsk ha detto che “erano morti molto prima del riconoscimento di ieri delle repubbliche popolari del Donbass. Sono stati uccisi non da noi e non dai rappresentanti di queste repubbliche, ma dalle attuali autorità di Kiev”.  “Gli accordi di Minsk non esistono più – ha quindi affermato -. Perché rispettarli se abbiamo riconosciuto l’indipendenza di queste entità?”.

Gli accordi di Minsk furono firmati nel 2014 da Ucraina, Russia e dai separatisti filorussi del Donbass per porre fine alla guerra nell’Ucraina orientale. Prevedevano un cessate il fuoco immediato e la concessione di una maggiore autonomia per le regioni del Donbass. Ma non sono mai stati rispettati.

In una riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea, convocata ieri a Parigi, si è deciso di sanzionare la Russia per la violazione degli accordi, e di penalizzarla limitandone l’accesso ai mercati Ue. Misure sono state previste anche contro le banche russe che hanno finanziato le operazioni nel Donbass. Si tratta di “sanzioni massicce e robuste” per il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha anche ordinato l’interruzione del processo di revisione del gasdotto da parte dell’autorità di regolamentazione tedesca.

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