Allunga il braccio e accarezza il viso del papà. Luca (il nome è di fantasia) ha 8 anni. Si fa capire con lo sguardo, con i gesti. L’autismo non gli permette di parlare.  La sorella gemella, che chiameremo Maria, presenta in forma più lieve gli stessi disturbi. Luca e Maria vivono con il fratellino più piccolo, la mamma Gloriana, e il papà Alberto in un alloggio senza bagno. Gli fu assegnato nel 2014 dal Comune di Napoli, in seguito allo sgombero da una scuola che occupavano con altri nuclei familiari. 

L’appartamento è composto da una cucina e da una camera da letto in cui dormono in cinque. E per andare in bagno bisogna uscire fuori, in un’area comune condivisa con altri due alloggi. “Questo è il secchiello che usiamo per la notte. Io lo lascio in cucina e la mattina lo svuoto in bagno. I bambini hanno paura ad uscire di notte per andare in bagno”, spiega Gloriana. Lei è invalida. Fino a quando non hanno iniziato a godere del reddito di cittadinanza vivevano con la sua pensione e con quello che spetta ai piccoli per la disabilità. Ci guida in quei pochi metri quadrati in cui vivono. Nel tragitto dalla casa al bagno i bambini trovano lo spazio per giocare, in mezzo ai panni stesi e a un deposito che sarebbe stato lasciato dai vicini prima di abbandonare gli alloggi. “Qui i bambini giocano, qui stendo il bucato, qui andiamo in bagno, qui facciamo tutto”, sbotta Gloriana. È esausta. Da qualche settimana devono sopportare anche dei miasmi provenienti da una delle abitazioni attigue, dove comunque qualcuno si sarebbe presentato di recente.

Nella loro abitazione non è possibile nemmeno affacciarsi ad una finestra. Quelle che ci sono devono restare serrate per inagibilità. Un po’ di ossigeno e di luce arrivano da due piccole aperture alte presenti in cucina. L’alloggio è stato ricavato da un immobile dove avevano sede degli uffici comunali.  Negli spazi abitati, da anni la muffa tappezza le pareti. Numerosi sono i disagi legati all’assenza di manutenzione da parte del Comune di Napoli. L’ascensore funziona perché a sostenerne le spese sono i condomini. “All’inizio c’era la manutenzione del Comune che assicurava l’uso dell’ascensore. Adesso, non più. A spese nostre abbiamo dovuto farlo sistemare, perché sopra abitano altre persone invalide, sotto, al primo piano, c’è mio figlio che le scale si rifiuta di salirle”, racconta Gloriana.

Tanti sono anche i pericoli in cui si rischia di imbattersi nello stabile. Nel palazzo, situato a ridosso della centrale piazza Garibaldi, non è garantita alcuna sicurezza. “Qui entra ed esce chiunque”, afferma Gloriana, che mostra il sottoscala dove in diverse occasioni sono stati trovati preservativi usati e siringhe lasciate dai tossicodipendenti. “Qui vengono anche a prostituirsi”, riferisce. In un locale al pianterreno, nelle scale, si sarebbe poi stabilito addirittura un anziano. “Abbiamo fatto segnalazioni alla polizia municipale, abbiamo segnalato che qua c’è un quadro elettrico. Vive qui da oltre un anno senza acqua e senza servizi igienici. E noi dobbiamo sentire la puzza”, racconta.

Gloriana poi mostra il suo portone, sfondato in un tentativo di aggressione, e racconta di aver subito negli ultimi mesi due aggressioni in una settimana, episodi per i quali ha sporto denuncia. Non è stato mai bonificato l’appartamento andato a fuoco qualche anno fa all’ultimo piano del palazzo. Risulta chiuso con una catena, ma dall’esterno ancora sono evidenti le tracce lasciate dall’incendio che lo ha distrutto. Nello stabile potrebbe inoltre esserci dell’amianto. Sarebbe stato trovato nel corso di lavori eseguiti privatamente in un altro alloggio. Su tale questione ha chiesto di fare chiarezza il legale che assiste la famiglia, l’avvocato Gino Caricati, che ha più volte invocato al Comune una sistemazione più dignitosa per Gloriana, Alberto e i loro bambini, ma finora non ha ricevuto alcuna risposta. “Gli assistenti sociali vengono una volta all’anno, vedono la situazione, mettono nota, però non vedo nessun cambiamento”, rivela Gloriana che col marito chiede solo una casa più dignitosa e più adeguata ai problemi dei loro bambini.

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