Raimondo Di Maio nella sua libreria Dante & Descartes

“Oggi consigliamo la lettura di Louise Gluck, Averno”, si legge su una lavagnetta appena si entra. In un piccolo spazio, stretto da colonne di libri e scaffali pieni di copie, Raimondo Di Maio dispensa consigli di lettura ai clienti. Sono in tanti, da giovedì, a passare nella sua piccola libreria, a Napoli. La sua attività, che opera anche come casa editrice, ha pubblicato una delle due raccolte di poesie tradotte in italiano della poetessa statunitense Louise Gluck, vincitrice del premio Nobel per la letteratura del 2020.

In meno di 30 minuti 8 le copie di “Averno” vendute ieri. Stanno andando a ruba, racconta Raimondo. Sono migliaia le richieste arrivate negli ultimi giorni. Il libro è uscito a dicembre del 2019, poco prima che esplodesse la pandemia da coronavirus e che iniziasse il lockdown. Ora, col premio Nobel conferito alla Gluck – autrice sui cui pochi editori avevano scommesso nel Belpaese – stanno accorrendo numerosi a comprarlo nel piccolo punto vendita di via Mezzocannone.

“È commovente per me. Sono felice per l’autrice. Non ce l’aspettavamo proprio”, commenta. “Ieri alle 13, 05 mi hanno dato la notizia e mi sono commosso”, racconta all’indomani dell’annuncio del premio Nobel a Louise Gluck. Poi è cominciato un viavai che non si è più fermato. “Dopo l’annuncio avevo una fila di giovani che aspettavano fuori per comprare Averno, di Louise Gluck, perché era il premio Nobel”, rivela. E sono arrivati anche un po’ di giornalisti: “Tutti i santi libri che facciamo li mandiamo ai giornali e non succede mai nulla, e ieri avevo la fila dei giornalisti che volevano parlare con me, ma mi sembrava un paradosso”.

I “complimenti”, “congratulazioni”, si susseguono. I clienti si fermano alla porta, o entrano. In buona parte sono degli abituali. Si presentano per prendere un libro e finiscono per comprarne sempre qualcuno in più. Raimondo con la sua passione riesce a incuriosire ogni persona che fa ingresso nella sua libreria. Lui si definisce un “vecchio libraio”. “Ma nuovo – aggiunge – grazie a mio figlio”. Il figlio 32enne, Giancarlo, che ha ereditato la sua passione, e con cui oggi collabora nella gestione dell’impresa che si è estesa con una seconda libreria, sempre nel centro storico di Napoli, in piazza del Gesù. “Faccio questo lavoro da 40 anni. Ed è un lavoro che ho scelto io. Vengo da una famiglia dove non c’erano libri, non c’era sapere – svela Raimondo -. Ho studiato grazie al partito comunista e ho fatto le scuole serali. Ho fatto anche l’università, sono un mezzo filosofo”.

Raimondo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta lavorava nella vendita rateale dei libri. Poi, con la chiusura di quel tipo di attività, decise di aprire una libreria. In via Donnalbina. All’epoca non c’erano le grandi librerie. “Per avere un libro – ricorda – si andava dai veri librai: Luciano Guida a piazza dei Martiri, Raimondo Di Maio a Donnalbina, Geppino Guida al Vomero, qualcuno a Port’Alba, e basta. Poi è cambiato un po’ tutto”. L’esperienza da editore comincia con la nascita del figlio: “Pensai che una quota dei libri che vendevo volevo stamparli io. Intanto era nato mio figlio, Giancarlo, che oggi fa il libraio, ha 32 anni, e per festeggiare io stampai un libro. Mi sembrava la cosa più importante. E ho fatto il libro di Dora Marra, la segretaria di Benedetto Croce, che si chiama “Croce Bibliofilo”, che in qualche modo spiega l’amore per i libri per Benedetto Croce. E lo sapevo che così condannavo, instradavo, mio figlio a fare il libraio”. Ad oggi la sua casa editrice vanta la produzione di 300 libri: “È una fortuna – dice – avere questo figlio libraio di qualità e aver prodotto 300 libri, che sono Sartre, Benjamin, che ci chiedono continuamente da tutta Italia”.

Una delle ultime sue pubblicazioni è “Averno”. “La pubblicazione di Averno nasce perché a Madrid appare Averno in spagnolo, José Vicente lo legge e mi chiama e mi dice che è uscita questa cosa, ma voi non ce l’avete? La pubblicherà qualcuno? Poi ha insistito molto, ci ha consigliato di leggerlo, e ci ha inviato l’edizione spagnola. Fra spagnolo e americano, abbiamo capito che stavamo parlando di un premio Nobel e quindi abbiamo cominciato le prove di lettura, fino a incontrare il grandissimo, straordinario traduttore della Louise Gluck e un po’ di tutti i grandi poeti americani, il professor emerito Massimo Bacigalupo, che ha fatto questa traduzione che alla poeta è piaciuta molto. È stata un’esperienza grandissima. Era un po’ capire la poesia, capirla dal di dentro, nell’officina della poesia”. Raimondo parla della Gluck come poetessa “molto delicata. Una poeta della meraviglia, anche nel dialogo coi morti. Poi, con le parole di oggi parlare della classicità, un’esperienza che mette insieme profondità e semplicità”.

Con il figlio, con l’ex libraia con cui lavorava, oggi editrice, Antonella Cristiani, Raimondo ha curato “Averno”. E, ora, con il premio Nobel a Gluck stanno arrivando migliaia di richieste.  “Spero di fare un po’ di soldi in più – afferma Raimondo parlando di come vede il futuro dopo questo evento –  perché servono sempre e ci sono mancati in questi periodi che abbiamo attraversato. A me cambia, a mio figlio cambia, a Antonella cambia. Un libro ci arricchisce sempre. Siamo già ricchi quando esce un libro. Il destino degli altri librai ed editori è così relativo. Vedo molta saccenza, molta improvvisazione. Chiunque pensa di poter fare l’editore e chiunque pensa di poter fare il libraio, e spesso non possono fare né l’uno né l’altro”.

Quella delle piccole librerie, dei piccoli editori, è una realtà difficile, in cui bisogna dimenarsi per andare avanti, per riuscire a farsi strada tra le grandi realtà che si impongono sul mercato. Raimondo, per questo, avrebbe voluto un destino diverso per il figlio Giancarlo. “Io ho cercato di scoraggiarlo – confessa – perché è molto difficile, è un lavoro che sta cambiando. I nostri padroni, quelli che fanno i libri, fanno brutti libri, comandano loro, cercano di invadere il tuo spazio, quindi ti devi difendere, come faccio io con questo caos, con quest’algoritmo del caos. Nel senso che ho consapevolezza della cultura, e quindi cerco di vendere i libri che dico io e non quelli che mi impongono gli editori e i loro rappresentanti. Se uno segue gli editori, dopo un poco fallisce, le librerie indipendenti chiudono, perché è fallimentare il sistema: si pubblicano per lo più brutti libri, si cercano di vendere questi prodotti commerciali che non funzionano, che scadono dopo una settimana/dieci giorni mediamente, su 10/12 proposte qualcuna ha un po’ di successo, spesso non si parla di cultura ma di consumo, e quindi è un circolo vizioso”.

Raimondo sopravvive con la sua piccola libreria grazie alla conoscenza, alla passione e al rapporto di fiducia che instaura con in clienti, un rapporto che anima con iniziative come “la galleria di lettori” o con la ricerca di vecchi testi da riproporre con il motto “libri perduti e ritrovati”. La sua – dice – è una “comunità di lettori”. “Questo rapporto di fiducia – afferma – va consolidato leggendo le quarte, leggendo dei libri, avendo la cognizione generale delle materie, delle discipline, della poesia, come della musica o della letteratura”. “Una volta – aggiunge – si diceva ‘la libreria di fiducia’, adesso non si dice più, sembra una parolaccia. E invece è questo rapporto che si costruisce con il lettore, che significa mantenere far continuare questo rapporto con i libri alle persone. Se gli dai brutti libri, non torna più il lettore. Invece se trova una sorta di comunità di lettori, diventa la famiglia di questi lettori. Il mio lavoro è vendere libri e venderli bene”.

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