Uccisa non perché era una donna. “Femminicidio”, così è stato bollato il suo caso. Ma Enza è stata ammazzata perché lasciata sola con un fratello che da tempo soffriva di problemi psichici. Da anni quei disturbi avevano rischiato di fare tragedie, e oggi Enza ha finito per rimetterci la vita. Il suo corpo è stato trovato già cadavere sul ballatoio del quarto piano del palazzo popolare dove viveva con il fratello Sebastiano. Il loro appartamento si trova al quinto piano, ma probabilmente la donna, 54 anni – Cimitile, il cognome – ha provato a fuggire e si è accasciata scappando. Pugnalata con un coltello. Almeno 6 i fendenti. Quando la polizia è arrivata sul posto ha trovato lungo le scale il suo corpo esanime nel sangue e al piano superiore il fratello barricato in casa. L’uomo, 55 anni, è stato poi bloccato e arrestato. “Erano più o meno le 10,30. Ci siamo accorte di quello che stava accadendo solo quando abbiamo visto il corpo di Enza nelle scale”, raccontano delle vicine.

Una tragedia annunciata quella di Brusciano, comune in provincia di Napoli dove si è consumato l’omicidio. Recentemente Sebastiano era stato per qualche mese all’ospedale Cardarelli di Napoli. Di frequente entrava e usciva da una casa di cura. “Qualche volta scappava anche”, rivelano delle donne del posto, che ormai temevano anche per la propria incolumità. L’estate scorsa l’uomo aveva tentato di far esplodere il palazzo dove abitava, in via Rossellini, in un complesso di abitazioni popolari dove alloggiano decine di famiglie. “Ce ne accorgemmo dalla puzza di gas. Si chiuse in casa, chiuse tutte le finestre”, ricordano dei residenti. In un’altra occasione aveva chiamato i carabinieri sostenendo che qualcuno volesse ammazzarlo. “Quel giorno arrivarono tanti carabinieri – narrano delle persone -. Indossavano i giubbotti antiproiettile. Era pomeriggio, noi stavano quaggiù a parlare e ci spaventammo parecchio”.

Le disavventure che si raccontano sono tante in quello stabile del rione 219 dove da anni i due fratelli convivevano nel disagio. Nessuno dei due lavorava. Sebastiano ha fatto l’operaio edile fino a quando i suoi problemi non hanno iniziato a manifestarsi. Era una terza sorella, residente nel vicino comune di Somma Vesuviana, che li aiutava e che non faceva mancare il suo appoggio. “Veniva sempre qui, li sosteneva con le spese, anche per le cure di Sebastiano”, raccontano sul posto. È stato il suo pianto straziante ad accompagnare l’uscita della bara con la salma, che è stata condotta al Policlinico per l’autopsia dopo i rilievi e l’esame esterno del medico legale.

Dei problemi della famiglia Cimitile pare che non si fossero mai interessati nemmeno gli assistenti sociali del Comune. “Qui non è venuto mai nessuno”, riferiscono i vicini. La vittima aveva un figlio di circa 30 anni che abita altrove. Aveva un compagno e capitava che mancasse per qualche giorno. “Sarebbe stato meglio se non fosse mai tornata”, dice con rammarico una donna prima di ritornare al suo mondo.

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