Fonte foto: commons wikimedia

Condannati a 22 e a 20 anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Questa la sentenza emessa nei confronti degli ex proprietari ed amministratori dell’Ilva di Taranto, Fabio e Nicola Riva.

Dopo 5 anni si è concluso il processo “Ambiente svenduto” presso la Corte d’Assise di Taranto. In tutto erano 47 gli imputati. Al termine del giudizio di primo grado, sentenza di condanna è stata emessa anche per l’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. A 3 anni e mezzo di reclusione. Vendola era imputato per concussione aggravata in concorso. Secondo l’accusa, da presidente della Regione avrebbe esercitato pressioni sul direttore generale dell’epoca di Arpa Puglia per modificare i valori sulle emissioni nocive prodotte dall’acciaieria.

“Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. È come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata”, è la reazione di Vendola riportata dal Corriere della Sera. Per l’ex presidente della Regione, “i giudici hanno commesso un grave delitto contro la verità e contro la storia, hanno umiliato persone che hanno dedicato l’intera vita a battersi per la giustizia e la legalità, hanno offerto a Taranto non dei colpevoli ma degli agnelli sacrificali”. “Noi non fummo i complici dell’Ilva – si difende -, fummo coloro che ruppero un lungo silenzio e una diffusa complicità con quella azienda. Ho taciuto per quasi 10 anni — conclude Vendola — difendendomi solo nelle aule di giustizia, ora non starò più zitto. Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato è una vergogna. Io combatterò contro questa carneficina del diritto e della verità”.

Condanna è arrivata anche per l’ex consulente della procura, Lorenzo Liberti, per il quale sono stati disposti 15 anni di reclusione con l’accusa di aver accettato una tangente di 10mila euro per modificare una perizia, e per l’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, al quale sono andati 3 anni di carcere con l’accusa di aver fatto pressione sui dirigenti della sua amministrazione perché concedessero l’autorizzazione all’Ilva per l’utilizzo della discarica “Mater Gratiae” per rifiuti speciali. Giorgio Assennato è stato invece condannato a 2 anni per favoreggiamento.

Condannati anche l’ex direttore dell’Ilva, attualmente direttore di Acciaierie d’Italia, Adolfo Buffo, a 4 anni di carcere. Per il responsabile delle relazioni istituzionali dei Riva, Girolamo Archinà, la condanna è a 21 anni e 6 mesi di reclusione, e per l’allora direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso, di 21 anni.

La Corte d’Assise di Taranto ha anche disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto, che potrà diventare operativa solo con giudizio definitivo della Cassazione. Per ora, quindi, gli impianti di Taranto restano sequestrati ma gli attuali gestori della fabbrica potranno continuare ad utilizzarli.

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