In tempi di transizione ecologica l’Italia continua a utilizzare, per il proprio fabbisogno energetico, ancora fonti con un rilevante impatto ambientale. Il Paese guarda a progetti innovativi e a nuove politiche per un settore fondamentale così da mettere in campo strategie ispirate alla sostenibilità. Proprio in queste settimane si torna a discuterne anche al Sud e, in particolare, a Napoli dove associazioni, comitati e cittadini protestano per la annunciata realizzazione di un deposito di gas naturale liquefatto (GNL) nel porto.

Il progetto

A presentare il piano – ora sottoposto all’iter di VIA, valutazione di impatto ambientale, del Ministero della transizione ecologica – sono state le società Edison e Kuwait Petroleum Italia. L’impianto dovrebbe sorgere nella “darsena petroli” del porto di Napoli. Si prevede la costruzione di un serbatoio di 20mila metri cubi per lo stoccaggio di GNL e la ricezione di navi metaniere della capacità massima di 30mila metri cubi.

L’infrastruttura, sfruttando la posizione strategica del porto di Napoli, punta a favorire l’uso di GNL come combustibile “alternativo e più sostenibile sotto il profilo eco-ambientale”, si legge nei documenti presentati dalle due società, sia per i trasporti terrestri e marittimi sia per la distribuzione nel Centro-Sud Italia. Le due multinazionali credono che il progetto – che è soggetto a procedura di sicurezza per il controllo dei pericoli di incidenti rilevanti – abbia benefici per l’utilizzo del gas naturale quale “risorsa essenziale per la transizione energetica” considerandolo “strategico e sostenibile sia in termini ambientali che economici”.

Le proteste dei residenti

Di avviso completamente opposto i cittadini che hanno manifestato la propria contrarietà, convinti della potenziale pericolosità dell’impianto in un’area densamente abitata. La ‘darsena petroli’ del porto di Napoli rientra nell’area del sito di interesse nazionale (SIN) ‘Napoli Orientale’, ovvero negli 830 ettari in cui sono compresi realtà industriali, aziende dismesse, aree residenziali, strutture a usi sociali e appezzamenti agricoli.

Il SIN di Napoli Est, che include anche il polo petrolifero, un’area ad “alto rischio ambientale” per la quale si attendono le bonifiche per terreni e falde. Inoltre, lo spazio in cui si vorrebbe realizzare l’impianto GNL rientra in un territorio particolarmente antropizzato e nell’area, quella della Città Metropolitana, nella quale si concentrano due terzi della popolazione regionale. Altresì, rientra nella ‘zona gialla’ per il rischio vulcanico del Vesuvio ed è interessata da un oleodotto che dalla “darsena petroli” portuale raggiunge i depositi di diverse società situati a diverse centinaia di metri.

In seguito alla manifestazione del 15 maggio scorso a San Giovanni a Teduccio – quartiere nel quale ricade una parte del porto – alcuni membri delle realtà associative contrarie all’impianto GNL sono stati ricevuti in Prefettura. Nel rapporto presentato hanno messo nero su bianco le proprie motivazioni: l’infrastruttura, secondo comitati e associazioni della zona orientale di Napoli, “rappresenta un pericolo per la sicurezza pubblica e privata” visto il contesto particolarmente urbanizzato. Inoltre, la costruzione dell’impianto comporterebbe un “aumento del traffico su gomma e via mare contribuendo ad aggravare ulteriormente una situazione già fortemente compromessa” spiegano i cittadini, che evidenziano il mancato coinvolgimento nei processi decisionali che riguardano la trasformazione dei quartieri a est di Napoli. Nel dossier presentato sottolineano, altresì, che il piano regolatore della città di Napoli ha previsto la delocalizzazione di tutti gli impianti petroliferi e insistono sulla necessità delle bonifiche ambientali del SIN.

La posizione delle istituzioni

Non i soli contrari all’impianto GNL nel porto di Napoli. Anche le istituzioni locali si sono espresse in tal senso. Il Comune di Napoli, la Città Metropolitana e l’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centrale, che ha competenza sul porto di Napoli, hanno “confermato l’impegno a portare avanti, in ottemperanza alle previsioni di cui al Protocollo del 2006, la delocalizzazione dei depositi petroliferi esistenti e il non impiego di GNL, dando priorità ai processi di bonifica dell’area SIN, con ricorso a sistemi integrati di riciclo delle acque”. Anche il Consiglio della VI municipalità del Comune di Napoli – che amministra i quartieri della zona orientale, tra cui San Giovanni a Teduccio – ha espresso il proprio parere contrario alla realizzazione dell’impianto di GNL. La procedura del Ministero continua e dovrà tenere conto anche delle osservazioni già presentate e quelle annunciate dai cittadini.

Gli enti locali puntano a “riqualificare globalmente l’area, come previsto dalla pianificazione urbanistica attuativa che guarda ad essa non più come retroterra ma come luogo di trasformazione urbana”. L’annosa questione delle mancate bonifiche e della delocalizzazione dei depositi di idrocarburi di Napoli Est ricade anche sul rapporto tra la città e il mare: nel quartiere San Giovanni a Teduccio, in particolare, l’accesso alla risorsa mare risulta negato da anni non solo per il forte inquinamento dovuto agli scarichi fognari, ma anche per le numerose infrastrutture che “occupano” la costa. Per tanti il percorso di recupero e riqualificazione dell’area appare un percorso alquanto lontano.

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