Fonte foto: pixabay

I minori che lavorano sono aumentati nel mondo di 8,4 milioni in 4 anni. All’inizio del 2020 erano 160 milioni e si teme che per effetto della pandemia questo numero – in crescita dopo due decenni – sia destinato ancora ad alzarsi. I dati sono quelli emersi da un rapporto congiunto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) e dell’agenzia dell’Unicef.

I lavoratori minorenni si erano ridotti di 94 milioni tra il 2000 e il 2016, poi si è invertita la tendenza: prima dell’inizio della pandemia è iniziato il trend al rialzo e un bambino su 10 è rimasto impegnato in attività lavorative.

Il maggior numero di minori al lavoro si riscontra nell’Africa subsahariana, dove dal 2016 sono aumentati di 16,6 milioni. Le cause si possono trovare nella povertà estrema, nelle crisi ricorrenti e nella crescita della popolazioni, a cui non vengono offerte misure di assistenza sociale adeguate. Quasi un quarto dei bambini di età compresa tra 5 e 17 anni nell’Africa subsahariana già lavora, rispetto al 2,3% dell’Europa e del Nord America.

Con la crisi generata dalla pandemia da coronavirus, il rischio è che questi numeri possano lievitare. La povertà dilaga e si diffonde, per cui la probabilità che un bambino sia costretto a lavorare per sfamarsi e aiutare la sua famiglia diventa sempre più alta. Quasi 50 milioni di minori in più potrebbero essere costretti a iniziare a lavorare nei prossimi due anni, stimano le organizzazioni internazionali.

“Stiamo perdendo terreno nella lotta contro il lavoro minorile e l’ultimo anno non ha reso questa lotta più facile”, ha affermato Henrietta Fore, direttore esecutivo dell’Unicef. “Ora, in un secondo anno di blocchi globali, chiusure scolastiche, interruzioni economiche e budget nazionali in calo, le famiglie sono costrette a fare scelte strazianti. Esortiamo i governi e le banche internazionali di sviluppo a dare la priorità agli investimenti in programmi che possono far uscire i bambini dalla forza lavoro e reinserirli a scuola, e in programmi di protezione sociale che possono aiutare le famiglie a evitare in primo luogo questa scelta”.

Il rapporto sul lavoro minorile dell’Organizzazione internazionale del lavoro e dell’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia viene pubblicato ogni quattro anni e mostra che i bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni costituiscono più della metà della popolazione dei lavoratori minorenni. La maggior parte del lavoro minorile è concentrato nel settore agricolo, che rappresenta il 70% del totale mondiale, ovvero 112 milioni di bambini. Il lavoro minorile è più diffuso tra i ragazzi rispetto alle ragazze e il divario si riduce nei lavori domestici eseguiti per 21 ore o più a settimana.

Le rilevazioni fanno registrare un aumento dei bambini che tra i 5 e i 17 anni di età svolgono lavori pericolosi, ossi lavori con macchine pesanti, nell’estrazione mineraria o che prevedono più delle 43 ore settimanali. All’inizio del 2020 erano 79 milioni (6,5 milioni in più rispetto a quattro anni prima). La conseguenza è che molti bambini non riescono ad andare a scuola. Sul totale dei lavoratori minorenni, quasi il 28% dei bambini tra i 5 e gli 11 anni e il 35% dei bambini tra i 12 ei 14 anni di età non vanno a scuola.

“Le nuove stime sono un campanello d’allarme. Non possiamo stare a guardare mentre una nuova generazione di bambini è a rischio”, ha affermato il direttore generale dell’Ilo, Guy Ryder. “La protezione sociale inclusiva consente alle famiglie di mantenere i propri figli a scuola anche di fronte alle difficoltà economiche. Sono essenziali maggiori investimenti nello sviluppo rurale e un lavoro dignitoso in agricoltura. Siamo in un momento cruciale e molto dipende da come rispondiamo. Questo è un momento di rinnovato impegno ed energia, per voltare l’angolo e spezzare il ciclo della povertà e del lavoro minorile”.

Se vuoi sostenere tell, inviaci una donazione o scrivici a info@tellonline.it per la tua pubblicità sul nostro sito.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here