Fonte foto: Wikimedia commons

Il premio Nobel per la letteratura del 2021 è stato assegnato allo scrittore Abdulrazak Gurnah. “Per la sua intransigente e compassionevole comprensione degli effetti del colonialismo e del destino dei rifugiati nel divario tra culture e continenti”, si legge nella motivazione pubblicata dall’Accademia svedese. Premiato, quindi, l’impegno a descrivere gli effetti del colonialismo e l’esperienza dei rifugiati.

Nato nel 1948 e cresciuto a Zanzibar, Gurnah alla fine degli anni ’60 fu costretto a scappare dalla Tanzania per la sua appartenenza a un gruppo etnico perseguitato nel suo Paese. Aveva diciotto anni. Arrivò in Inghilterra come rifugiato e lì è diventato professore di letteratura inglese e postcoloniale all’Università del Kent, Canterbury. Ha insegnato fino al suo recente pensionamento. Per tornare in Tanzania ha dovuto aspettare 20 anni: solo nel 1984 gli fu possibile e riuscì a vedere il padre poco prima che morisse.

Gurnah ha pubblicato dieci romanzi e una serie di racconti. Ha iniziato a scrivere a 21 anni, in esilio. Al centro delle suo opere c’è sempre il rifugiato, l’esperienza degli immigrati in terre straniere e la loro identità, esito di diverse culture, quella del Paese di origine che soffre ancora per il colonialismo, e quelle dei Paesi dove arrivano, a cui devono adattarsi.

“La dedizione alla verità e la sua avversione per la semplificazione del vincitore del premio Abdulrazak Gurnah sono sorprendenti. I suoi romanzi si ritraggono dalle descrizioni stereotipate e aprono il nostro sguardo su un’Africa orientale culturalmente diversificata, sconosciuta a molti in altre parti del mondo”, ha affermato il Presidente del Comitato Nobel, Anders Olsson.

Abdulrazak Gurnah rompe consapevolmente con le convenzioni – sottolinea ancora -, capovolgendo la prospettiva coloniale per evidenziare quella delle popolazioni indigene. La scrittura di Gurnah è del suo tempo in esilio ma riguarda il suo rapporto con il luogo che aveva lasciato, il che significa che la memoria è di vitale importanza per la genesi del suo lavoro.

Le opere

1- Il romanzo d’esordio, pubblicato nel 1987, è Memory of Departure. Parla di una rivolta fallita nel continente africano.

2- Nella seconda opera, Pilgrims Way, del 1988, Gurnah esplora la multiforme realtà della vita in esilio. Il protagonista, Daud, si confronta con il clima razzista della sua nuova patria, l’Inghilterra. Dopo aver cercato di nascondere il suo passato, l’amore per una donna spinge Daud a raccontare la sua storia.

3- Nel 1990 arriva il terzo romanzo, Dottie, che parla di una donna immigrata che cresce in condizioni difficili nell’Inghilterra razzista degli anni ’50, senza connessioni con le sue origini, per il silenzio della madre, e senza radici in quella Inghilterra in cui è nata e cresciuta. La protagonista del romanzo tenta di creare il proprio spazio e la propria identità attraverso libri e storie.

4- Il quarto romanzo nel 1994, Paradise, pubblicato in Italia da Garzanti e fuori catalogo, è ambientato nell’Africa orientale coloniale durante la prima guerra mondiale. Selezionato per il Booker Prize for Fiction e per il Whitbread Prize.

5 – Admiring Silence (1996) e By the Sea (2001), due romanzi scritti in prima persona in cui il silenzio è presentato come la strategia del rifugiato per proteggere la sua identità dal razzismo e dal pregiudizio, ma anche come mezzo per evitare una collisione tra passato e presente, producendo delusione e disastrosa autoinganno.

6- Il settimo romanzo di Gurnah è Desertion (2005), che racconta una tragica passione per illuminare le vaste differenze culturali nell’Africa orientale colonizzata. Il libro è stato tradotto in italiano ed è edito da Garzanti.

7- The Last Gift , del 2011, si riferisce tematicamente a Pilgrims Way e termina con il profugo sofferente Abbas che muore e lascia in eredità il titolo del libro, che consiste in una registrazione su nastro di una storia crudele sconosciuta alla famiglia sopravvissuta.

8- In Gravel Heart (2017) Gurnah sviluppa ulteriormente il tema del confronto di un giovane con un ambiente malvagio e incomprensibile.

9- L’ultimo romanzo di Gurnah, Afterlives, del 2020, riprende dove finisce Paradise. E’ ambientato all’inizio del XX secolo, prima della fine della colonizzazione tedesca dell’Africa orientale nel 1919. Il giovane Hamza è costretto a fare la guerra ai tedeschi e diventa dipendente da un ufficiale che lo sfrutta sessualmente. Viene ferito in uno scontro interno tra soldati tedeschi e viene lasciato in un ospedale da campo per le cure. Ma quando torna al suo paese natale sulla costa, non trova né famiglia né amici.

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