A pochi mesi dal 40esimo anniversario della sua fondazione, lo scorso 10 marzo, la Silicon Valley Bank, istituto di credito californiano specializzato nei depositi di aziende hi-tech e per anni punto di riferimento per l’economia dell’area californiana è stata chiusa e posta sotto il controllo della Federal Deposit Insurance Corporation statunitense.

Da allora e fino a lunedì mattina si è lavorato per scongiurare il rischio di ulteriori turbolenze nei mercati internazionali. Inevitabilmente l’annuncio del crack ha riportato alla mente la grande crisi finanziaria di 15 anni fa. Dopo Lehman Brothers nel 2008, si parla oggi del più grande e rapido disastro di un’istituzione bancaria statunitense. Allora, nel 2008, le autorità preposte alla regolamentazione finanziaria lavorarono freneticamente per impedire il crollo di Lehman Brothers ed il fallimento della banca Northern Rock che ha poi determinato il contagio di diverse delle più grandi banche britanniche, inaugurando Halifax Bank of Scotland nelle mani dei Lloyds e la nazionalizzazione parziale della Royal Bank of Scotland.

I motivi. Cosa è successo alla Svb?

Un fallimento a sorpresa quello della Banca delle start-up che appena il mese scorso era stata inserita nella lista annuale delle migliori banche d’America di Forbes. Tanto sorprendente quanto veloce. Secondo alcuni economisti ed esperti del settore finanziario, la cosiddetta corsa agli sportelli, meglio nota come bank run, fenomeno che si verifica quando in contemporanea numerosi clienti di una banca si recano in un istituto di credito per prelevare il proprio denaro in deposito, rappresenterebbe quanto verificatosi ai danni della Svb.

Quando rumors hanno agitato lo spettro della crisi e si è diffusa la notizia del rischio insolvenza da parte della banca, la sfiducia nella solidità dell’ istituto ha spinto i suoi clienti a correre ai ripari. Tanti che avevano conti presso la Silicon Valley Bank hanno chiesto la restituzione dei soldi depositati. SVB non avendo in cassa tutti i soldi necessari per rispondere alla reazione di tantissimi e necessitando, quindi, di liquidità, ha cercato investitori. Non riuscendo a reclutare investitori a sufficienza, la Banca delle start-up ha venduto titoli che appartenevano al proprio portafoglio. Purtroppo, però, proprio per recuperare liquidità in tempi celeri, questi titoli sono stati venduti in perdita e ciò avrebbe scatenato il crack. Ma non solo. Tra i motivi della debacle di Svb si annovererebbe anche l’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal reserve per combattere l’inflazione, per cui molte delle sue attività, come obbligazioni o titoli garantiti, avrebbero perso valore di mercato.

Le rassicurazioni di Biden

Il presidente Usa, Joe Biden, durante un breve discorso alla Tv dalla Casa Bianca, prima della riapertura di Wall Street, ha assicurato che le perdite delle banche “non saranno a carico dei contribuenti americani. I cittadini possono avere fiducia nel fatto che il sistema bancario è sicuro. I loro depositi saranno lì quando ne avranno bisogno”, ha precisato Biden.

Le possibili conseguenze ed il rischio contagio

La chiusura della Silicon Valley Bank disposta dalle autorità statunitensi ha suscitato confusione e nervosismo. Sui mercati è tuttora alta la preoccupazione per l’ effetto contagio che potrebbe coinvolgere altre banche. Tuttavia, la maggior parte degli analisti finanziari, fino a questo momento, ritiene il fenomeno circoscritto: non ci troviamo di fronte ad uno tsunami finanziario paragonabile a quello del 2008. È escluso un effetto a catena.
Le autorità di regolamentazione finanziaria stanno lavorando per impedire che le ricadute possano diffondersi ad altri istituti di credito “sani”.

In Europa, è stato il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, a dichiarare: “Non credo ci sia un reale rischio di contagio in Europa, al momento”. In Gran Bretagna, intanto, Hsbc ha acquisito per la cifra simbolica di 1 sterlina (€ 1,13 circa) Svb Uk. Il colosso britannico è sceso in campo senza indugio al fine di garantire protezione ai depositi di Silicon Valley Bank Uk Limited.

Sui mercati europei preoccupano, però, le difficoltà di Credit Suisse, seconda banca svizzera, sinonimo di sicurezza bancaria e grande solidità finanziaria. Mercoledì le sue azioni hanno perso fino a circa il 30% per cento del  valore e la banca ha chiesto aiuto alla banca centrale svizzera.

La banca centrale le ha accordato un prestito per ripristinare liquidità, rassicurando gli investitori che la banca resta ancora solida e non sarebbe a rischio al momento. L’Istituto elvetico, tra le banche più grandi d’Europa, è ora sotto osservazione e ci resterà per i prossimi mesi.

Forse nessuno avrebbe immaginato che una banca svizzera con oltre 150 anni di storia avrebbe smentito la tesi che la crisi di Svb bank non avrebbe avuto effetti sulle banche europee. “Il problema è che Credit Suisse è, in base a molti standard, ‘too big to fail’”, troppo grande per fallire, “ma anche ‘too big to be saved’“, troppo grande per essere salvata, ha affermato l’ economista Nouriel Roubini.

Proprio così, a differenza di SVB, Credit Suisse è universalmente considerata una delle 30 banche al mondo troppo grandi per fallire, il che le impone regole più severe e stringenti per riuscire a resistere agli shock e superare le difficoltà. Intanto in Italia, il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, fornisce rassicurazioni: “Le banche italiane sono solide. Le regole del nostro sistema bancario sono diverse da quello americano”.

Intanto, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha deciso ieri di innalzare di 50 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della Bce, in linea con la sua determinazione ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine. “Il Consiglio direttivo – riporta poi la nota con cui è stata comunicata la decisione – segue con attenzione le tensioni in atto sui mercati ed è pronto a intervenire ove necessario per preservare la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria nell’area dell’euro. Il settore bancario dell’area dell’euro è dotato di buona capacità di tenuta, con solide posizioni di capitale e liquidità. In ogni caso, la BCE dispone di tutti gli strumenti necessari per fornire liquidità a sostegno del sistema finanziario dell’area dell’euro, qualora ve ne sia l’esigenza, e per preservare l’ordinata trasmissione della politica monetaria”.

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