Fonte foto: IFRC Africa - Twitter

L’Organizzazione meteorologica mondiale lo ha definito il ciclone tropicale più forte mai registrato e sta monitorando se stabilirà un nuovo record anche come il più duraturo. “Freddy” ha attraversato l’Africa meridionale due volte in un mese e, sabato scorso, in Malawi e Mozambico ha provocato almeno 190 morti. Il bilancio delle vittime è dell’agenzia governativa per i soccorsi in caso di calamità. Circa 584 feriti e 37 sono le persone che risultano ancora disperse.

Il ciclone Freddy ha avuto origine il 6 febbraio sopra le acque che separano l’Indonesia dall’Australia Occidentale, il 19 febbraio ha percorso 8.800 chilometri sulle acque dell’Oceano Indiano per poi raggiungere il Madagascar, ha lasciato il suo segno sul Mozambico il 24 febbraio, e dopo vari spostamenti nell’area, si è ripresentato la notte di sabato scorso, per la seconda volta, sull’Africa meridionale, in Malawi e Mozambico.

Freddy è il ciclone più energetico mai osservato, raggiungendo un’intensità paragonabile a quella di un uragano di categoria 5. Questo parametro viene calcolato con un indice chiamato ACE, ovvero Accumulated Cyclone Energy, e si riferisce all’intensità dei venti della tempesta nell’arco della sua vita.
L’energia ricavata dal ciclone, che gli permette di sopravvivere così a lungo e di avere un’intensità così grande (dunque con venti intensi), viene ricavata dalle calde acque su cui transita.

“Freddy ha generato 86 unità ACE, battendo il precedente record dell’uragano loke del 2006 che aveva generato 85,26 unità di ACE”, ha comunicato la NASA, confermando il record: “Si tratta di un ACE superiore a quella totale generata da oltre 100 delle ultime 172 intere stagioni degli uragani atlantici”.

Nonostante siano passati ben 34 giorni dalla sua nascita, Freddy ha raggiunto il Mozambico con venti a 148 km/h, raffiche a 210 km/h, piogge tempestose con accumuli giornalieri stimati intorno ai 200 mm, con rischio di allagamenti e frane in una zona già fortemente provata dal colera. I casi di colera sono aumentati a quasi 8500 in 32 distretti, un aumento di oltre 1100 casi in una sola settimana.

Gran parte dei danni subiti in Malawi riguardano case costruite in aree vietate, vicino a fiumi, dove si sono verificate frane e inondazioni senza precedenti ma non solo, la tempesta ha distrutto interi villaggi, sommerso di fango le abitazioni e squarciato le strade.

La BBC riporta che i soccorritori stanno utilizzando le pale per cercare i sopravvissuti sepolti nel fango e che l’hub commerciale del Malawi, Blantyre, ha registrato la maggior parte dei morti, 158, di cui 36 in una frana. “Abbiamo fiumi che straripano, abbiamo persone portate via dall’acqua corrente, abbiamo edifici che crollano”, ha dichiarato alla BBC il portavoce della polizia, Peter Kalaya.
L’agenzia governativa per i soccorsi in caso di calamità ha inoltre comunicato che più di 20.000 persone sono state sfollate.

“Le piogge più intense continueranno nelle prossime 48 ore” ha annunciato il centro regionale di monitoraggio dei cicloni tropicali dell’agenzia meteorologica francese Météo-France a Réunion, lanciando così l’allarme. Maggiormente a rischio sono le province centrali dei due Paesi (Mozambico e Malawi), particolarmente vulnerabili a “inondazioni e frane nelle aree montuose” mentre il governo ha dichiarato lo stato di calamità nei 10 distretti meridionali più colpiti dalla tempesta.

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