Quando si parla di corrida si va sempre a toccare un tasto dolente che scalda gli animi e accende le polemiche fra gli appassionati del genere e coloro i quali lo ritengono uno spettacolo macabro. Scusate, quasi sempre. Infatti nella penisola dello Yucatan, in Messico, gli spettacoli taurini sono parte integrante della cultura Maya sin dall’arrivo dei colonizzatori spagnoli, con l’unica differenza che il protagonista della tauromachia da queste parti non è il torero ma il toro.

In questi luoghi, animati da una cultura politeista ancestrale impregnata di rispetto della natura e che venera la Madre Terra in quanto Dea generatrice di vita, la gente che assiste agli spettacoli vi si reca con i bambini e di sicuro non ha alcun interesse nel presenziare ad un’esecuzione. Qui l’evento viene vissuto con leggerezza ed allegria e c’è un piacere genuino nel condividere il proprio tempo ed il proprio spazio con gli animali. Da queste parti non esistono matadores e, contrariamente a quanto accade in Spagna, i toreri non sono idoli, ma figure goffe e sgraziate che offrono uno spettacolo di contorno fra una competizione e l’altra, causando ilarità fra gli spettatori.

La vera sfida si gioca ad armi pari fra i “vaqueros” a cavallo (i mandriani) ed i possenti bovini. I primi vengono apprezzati per le loro doti di equitazione e roping (tecnica di lancio del lazo) e nell’arena si sfidano fra di loro, non contro il toro, per vincere il premio in palio. I più bravi, coloro i quali riescono per primi ad acchiappare il toro per le corna col proprio lazo, possono anche vincere premi in danaro, ma il più delle volte si gareggia solo per l’adrenalina, e spesso si torna a casa solo con una coccarda ed una bella storia da raccontare. Dalle bestie invece ci si aspetta temerarietà, esplosività, imprevedibilità, doti in grado di rendere difficile il compito dei cavalieri e che possano allungare il più possibile la durata dei giochi.

È scontato che i tori che prendono parte alle corridas yucateche non sono animali qualsiasi. Sono “toros bravos” (nda: tori coraggiosi). Ci sono aziende specializzate nell’allevamento di queste bestie che, vista la natura sportiva degli incontri, hanno la possibilità di migliorarsi e potenziarsi corrida dopo corrida e di farsi un nome. Sono celebri, ad esempio, le gesta del toro Rayo de Luna, che nel corso di una corrida organizzata nello stato di Michoacan riuscì a sconfiggere il fortissimo Baltazar “el Wero” Camara (attualmente il miglior roper dello Yucatan, osannato dalle folle ad ogni sua apparizione) ed il suo purosangue Imperio. Tanto che quell’epico scontro viene addirittura celebrato e ricordato nelle canzoni popolari.

Ma le corride sono solo l’apice della festa. L’organizzazione di questi eventi inizia una settimana prima, quando i maestri “palqueros” si dedicano alla costruzione del tablado, una struttura circolare di due o tre piani (realizzata in legno o canne di bambù, spago di crine di cavallo e foglie di palma) che misura generalmente fra le 130 e le 250 varas (nda: fra i 110 e i 210 metri). Già in questa fase viene coinvolta l’intera popolazione, che in gruppi si dedica alla costruzione di un’opera architettonica incredibile, realizzata completamente a mano sulla base di un sapere tramandato di padre in figlio e che presto ospiterà i giochi. Il palco centrale è destinato alle autorità locali con i loro ospiti, un altro palco è per la banda che suonerà dal vivo senza sosta, mentre tutti gli altri posti verranno contesi dagli spettatori che ogni anno attendono con impazienza l’arrivo della “fiesta”.

Per il popolo yucateco le corride sono come per noi le sagre o le feste patronali. E le similitudini non mancano: i fuochi d’artificio, la celebrazione del santo patrono, i piatti tipici (su tutti la “shisha de sebo”, frattaglie fritte nel grasso di toro), le serate danzanti a ritmo di “Jarana”, la danza popolare tipica della penisola dello Yucatan che accompagna le annuali feste taurine legate alla merca del bestiame… C’è proprio tutto.

L’eccitazione è sempre palpabile e in paese non si parla d’altro: quali sono i tori più temibili, quali roper parteciperanno, chi porterà a casa il trofeo. Le persone più ricche in quest’occasione hanno la possibilità di accrescere il proprio prestigio sociale organizzando a turno nelle proprie case le “posadas”, feste in cui viene offerto cibo e molto alcool a tutta la popolazione, mentre le donne passano intere giornate a cucinare, e ai bambini è concesso di scorrazzare per le vie cittadine fino a notte fonda.

Ogni comunità ha le sue usanze e tradizioni più o meno simili, ma c’è una regola fissa e inderogabile per ognuno dei 106 comuni organizzatori: i giochi non possono aver luogo se prima non viene celebrata una messa al centro del “ruedo”, l’arena in terra battuta che ospiterà le corride. Tocca al parroco benedire il campo e gli spalti la sera prima dell’inaugurazione.

La Madonne locali, diverse da un paesino all’altro, vengono trasportate a spalla dalla chiesa fino al centro del ruedo seguite in processione dai sindaci, dai proprietari terrieri, dagli organizzatori e, man mano, da tutti gli altri fedeli vestiti con i tradizionali abiti da cerimonia: pantaloni e guayabera bianca per gli uomini, tunica bianca con motivi floreali per le donne. Canti e versetti biblici si alternano in una scenografia rustica, pittoresca e molto suggestiva mentre sacro e profano si fondono e si intrecciano attorno alla figura del toro, onorato e venerato come re indiscusso della festa. Ormai è tutto pronto. Che la “fiesta” abbia inizio.

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