“Ho preso un taxi per non fare tardi, ho speso 10 euro. Sono arrivato ora. Speriamo che questa sia la volta buona”. Mamadou è appena uscito dall’auto per andare a vedere una casa. L’ultima in 4 mesi di ricerche. “Se ti serve qualcosa, prendila”, gli dice il proprietario dell’immobile, mostrandogli il posto dove gli stava proponendo di andare a vivere. Una topaia.

Una stanza sudicia con due materassi e un armadio decrepito. Un lavello osceno coperto da pentole incrostate. Un bagno in cui anche un cane si rifiuterebbe di entrare. Elettrodomestici inutilizzabili e pericolosi, destinati solo a essere smaltiti come rifiuti speciali. “Qua deve venire un’altra persona, tu devi decidere subito. Mica io posso perdere tempo?”, intima il proprietario quando si accorge che Mamadou sta facendo un video. La casa gliel’avrebbe locata per 250 euro al mese. Con contratto, almeno a parole. Perché Mamadou, chiaramente, non ha accettato.

“Forse pensano che noi africani siamo animali”, sbotta quando ci mostra le immagini di quel tugurio. Il suo sguardo è esausto, di chi ha perso ogni speranza. “Vorrei solo trovare un posto dove sentirmi a casa dopo una giornata di lavoro”, afferma. Lui è un ragazzo tranquillo ed educato, con la passione per il calcio.

Mamadou a ottobre scorso ha dovuto lasciare l’appartamento che condivideva con dei coinquilini. La casa serviva alla proprietaria per scopi personali. Da allora si appoggia da un amico, con gli abiti e tutti gli altri effetti personali che in un paio di valigie attendono una nuova sistemazione.

“Quando chiamo qualcuno, dicono sempre che hanno già affittato”, ci raccontò quando iniziò a cercare casa. In quattro mesi, oltre all’ultimo appartamento, ne è riuscito a vedere solo altri quattro, sulle decine per le quali ha chiesto informazioni. Un monolocale era invivibile per l’umidità: una stanza e un bagno senza cucina e elettrodomestici a 350 euro al mese con tutte le pareti così bagnate che i pavimenti e il letto erano coperti dai calcinacci che si scrostavano dal muro. Un’agenzia ha detto di non avere altre proposte. Gli altri due proprietari contattati direttamente da noi per vedere le abitazioni, dopo la visita con Mamadou non hanno voluto affittargli la casa: “Noi preferiamo darla a studenti”, ha motivato uno che aveva pubblicato l’annuncio per studenti e lavoratori; “Ho trovato un’altra persona con busta paga”, ha detto un altro a cui vedere il contratto di lavoro a tempo indeterminato non era bastato.

Mamadou arrivò 7 anni fa in Italia dall’Africa occidentale con un barcone partito dalla Libia. Fece richiesta di protezione internazionale e fu trasferito in un centro di accoglienza a Napoli. Ora ha un regolare permesso di soggiorno e continua a vivere nel capoluogo partenopeo. Il nome che gli abbiamo attribuito è di fantasia, per proteggerlo da eventuali ritorsioni. Dopo anni di lavoro in nero, Mamadou è riuscito a ottenere due mesi fa un contratto di lavoro a tempo indeterminato dal suo titolare. Ma per una cifra inferiore a quella che realmente guadagna: il suo capo ha dichiarato meno della metà delle ore di lavoro effettivo. In più, non vuole rilasciargli la busta paga. Se non avesse un amico disponibile ad ospitarlo, Mamadou oggi si troverebbe a vivere per strada. Nonostante i suoi documenti, nonostante la sua educazione e il suo spaccarsi la schiena dal lunedì alla domenica per 40 euro al giorno.

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