Dopo una settimana di rivolte, le autorità in kazakistan forniscono un nuovo bilancio delle vittime, peggiorato rispetto a quello di pochi giorni fa: salgono a 164 i morti. Tra le persone uccise nel corso dei disordini ci sarebbero tre bambini. Stando a quanto riportano diversi giornali internazionali, il ministero della Salute ha detto che 103 sono le vittime registrate solo ad Almaty, la città più popolosa del Kazakistan, epicentro delle proteste.

Le manifestazioni sono andate avanti per una settimana. Erano cominciate domenica 2 gennaio. Migliaia di persone erano scese in strada per ribellarsi all’aumento del prezzo del gpl. Mercoledì sono iniziati gli scontri tra forze di sicurezza e manifestanti. Edifici sono stati saccheggiati, si sono registrati violenze e il sequestro di edifici governativi. La risposta è stata una dura repressione, iniziata mentre le truppe russe arrivavano a fornire supporto sul territorio. Sono 2500 i soldati inviati da Putin dopo la richiesta di sostegno da parte del presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, al Csto, l’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva guidata dalla Russia, di cui fanno parte anche Kazakistan, Bielorussia, Tagikistan e Armenia.

Il viceministro della Difesa kazako, Sultan Gamaletdinov, ha riferito che è ancora in corso “un’operazione antiterrorismo” e che proseguirà “fino a quando i terroristi non saranno completamente eliminati e l’ordine costituzionale non sarà ripristinato nella Repubblica del Kazakistan”. Due giorni fa Tokayev ha autorizzato i militari a sparare senza preavviso contro i rivoltosi.

La autorità kazake affermano che la situazione sia ora ritornata sotto controllo. Il numero dei soggetti arrestati continua a crescere, con l’ultima cifra di 5.800 dell’ufficio del presidente del Kazakistan. Tra i detenuti c’è anche il capo dei servizi di sicurezza ed ex primo ministro, Karim Masimov, accusato di tradimento. Masimov è uno dei fedelissimi dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev, che ha governato il Kazakistan dall’indipendenza, nel 1991, fino al 2019, e che questa settimana è stato rimosso da Tokayev dalla carica di capo del Consiglio di sicurezza nazionale. Questi provvedimenti fanno ipotizzare che dietro alle rivolte possa esserci anche una lotta politica tra la fazione di Tokayev e quella che sostiene Nazarbayev.

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