Le siringhe sono ovunque. Disseminate a terra, nelle fioriere rovinate dall’incuria. Degli uomini si muovono tra di esse a tentoni alla ricerca di qualcuna da riutilizzarne. Ondeggiano come degli zombie, con braccia o gambe scoperte pronte alla prossima iniezione. Qualcuno è curvo e immobile, perso negli effetti della sua ultima dose. All’ombra di Porta Capuana, a Napoli, in una piazza riqualificata circa tre anni fa con oltre 1 milione di euro di fondi Unesco, decine di tossicodipendenti si ritrovano per bucarsi.

Alle 10 del mattino di un giorno qualunque, uguale a tutti gli altri, il gruppo abituale è oramai riunito. È composto da almeno 15 persone, più o meno le solite, molte delle quali con la prima dose già sparata in vena. Non ci sono dubbi sia così: gli effetti nefasti sul corpo e il comportamento sconnesso sono inequivocabili. Gli altri, già provati nel fisico scheletrico e nel morale, hanno ancora la “roba’’ in mano; la stanno sciogliendo con un accendino prima di iniettarsela con delle siringhe sporche che si passano senza badare al pericolo sanitario.

Non distante dalla stazione centrale di Napoli, a pochi passi da piazza Garibaldi, Porta Capuana è una delle più antiche porte di Napoli, risale al 1484. Con le sue mura e le torri rappresenta un sito storico di epoca aragonese che da anni e senza soluzione di continuità è divenuto una stanza del buco a cielo aperto. Ad abitarla tutto il giorno – e spesso anche di notte – chi convive con una dipendenza da droga dalla quale sembra impossibile affrancarsi senza un vero e concreto aiuto esterno. Sono giovani e meno giovani, del capoluogo e della provincia, consapevoli di poter acquistare eroina a bassissimo costo in una delle tantissime piazze di spaccio dell’area attorno a piazza Garibaldi, dove l’attività di compravendita di stupefacenti è redditizia più che in altri luoghi di Napoli.

Nei pressi di un cantiere Unesco, su una panchina in una piazza San Francesco a Capuana riqualificata ma senza apparente funzionalità, è seduto Felice, 47 anni. Alle sue spalle i suoi amici sono smaniosi di premere lo stantuffo della siringa intrisa di eroina, lui invece cerca di gestire l’effetto della dose assunta da poco. È consapevole di essere additato da commercianti e residenti, insieme agli altri tossicodipendenti, come la causa del degrado della zona (al netto di sporadiche pulizie).

“Noi siamo costretti a stare qui all’aperto, manca un posto ricreativo in cui stare, come invece succede in altre città d’Italia e d’Europa. Gli appartenenti ai centri di recupero vengono solo a farci domande, mentre la Caritas ci porta dei pasti caldi, ma per noi non si fa nulla. Qui non c’è un cestino della spazzatura, dove buttiamo la roba che utilizziamo?”. Felice ha cominciato con l’eroina a 17 anni. “Sarebbe lungo spiegare il motivo”, dice. Poi si incupisce pensando ai suoi familiari. “Ho una figlia di 28 anni e un figlio di 27. Da 7 mesi vivo in strada. Ho deciso di andarmene da casa, non volevo che mi vedessero fatto tutto il tempo. Purtroppo – continua – per me è diventata come una medicina: se non mi faccio, sto male. Dovrei prendere continuamente il metadone e avviare dei colloqui con gli psicologi. Di tutto questo non c’è niente, nessuno ci aiuta”.

Nella conversazione si inserisce un altro uomo con un nuovo ascesso sulle braccia, segno che pochi minuti prima si è bucato. “Il problema della droga non ce l’hai da quando cominci ad usarla, ma prima”, riassume. Michele, 43enne di Napoli, è d’accordo: “Ha ragione – afferma con gli occhi fuori dalle orbite – Noi abbiamo un buco dentro che riempiamo con la droga. Il buco però non si riempie mai del tutto”. Anche Michele pensa ai suoi affetti. “Ho una figlia di 19 anni, che non sa neppure che sono qui per consumare droga. Non approverebbe se lo sapesse”. La sua avventura con la droga è cominciata a 12 anni. “Siamo onesti: quando parti a usare droga ti piace pure, soddisfi una curiosità. Io – racconta – ascoltavo musica punk ed heavy metal da giovane, seguivo quegli artisti che facevano uso di sostanze stupefacenti”, volendoli quindi emulare.

A sentire la storia di questi disperati c’è anche Giuseppe Maienza, punto di riferimento dell’associazione “Società San Vincenzo De Paoli”, organizzazione che gestisce una mensa per i poveri presente da oltre 40 anni a Porta Capuana e che ogni giorno distribuisce oltre 50 pasti. Di più però non riescono a fare e la frustrazione di veder spegnersi giorno per giorno decine di persone è incommensurabile. “Il problema della tossicodipendenza è quello più urgente da risolvere a Porta Capuana, che soprattutto di sera qui diviene un luogo oscuro, e non solo la stanza del buco”, lancia l’allarme Maienza. Poi aggiunge: “Ci sono persone anche di trent’anni, perlopiù napoletani, già difficilmente recuperabili. Ma in pochi se ne preoccupano. Occorre un intervento a più livelli con il coinvolgimento di associazioni, servizi sociali e sanitari oltre alla creazione di opportunità per i fragili. Non basta denunciare il degrado. Noi facciamo quello che possiamo – allarga le braccia Giuseppe – ma è capitato più di una volta che a chiederci aiuto siano state persone affette da epatite contratte dal consumo di eroina, morte perché non curate. Ci vuole una presa di coscienza generalizzata”.

Armando Simeone, consigliere della Quarta Municipalità di Napoli, San Lorenzo-Vicaria-Zona Industriale, che abbraccia parte del centro storico e un lembo dell’area Est, da profondo conoscitore del territorio vede giorno per giorno l’abbandono di piazza San Francesco a Capuana, rifatta e già scivolata nel dimenticatoio. “Nel passaggio di consegne tra la vecchia e la nuova amministrazione comunale (da quella dell’ex pm Luigi de Magistris a quella attualmente in carica di Gaetano Manfredi ndr.) qualcuno si è dimenticato che i lavori siano in corso da oltre 3 anni e questo ha contribuito ad alimentare il degrado a cui assistiamo con il consumo di eroina”. Il consigliere municipale lancia la sua proposta: “Un mercato della filatelia, di scambio di monete antiche, di antiquariato e, perché no, un parco giochi. Una piazza sotto una Torre Aragonese me l’immagino curata come l’Umbria, la Toscana e non abbandonata come a Napoli”. Intanto un’altra giornata di devastante consumo di droga è passata. Domani si ricomincia ad andare sulla giostra, con il pericolo per queste vittime della droga di caderci e rimanerci stecchiti. Definitivamente.

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