Nelle carceri italiane al 31 dicembre 2021 è stata rilevata la presenza di 54.134 detenuti, in leggero aumento rispetto all’anno precedente quando il numero sfiorava i 54.000. È quanto emerso nell’ultimo rapporto del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), la struttura del Ministero della Giustizia che si occupa dell’organizzazione del sistema carcerario in Italia. Se è cresciuto il numero delle persone ristrette in carcere, resta invece stabile la capienza regolamentare degli istituti di pena, pari a 50.851.

I dati e i reati maggiormente commessi dai detenuti

I vari dati forniti dal Dap hanno restituito una realtà piuttosto eterogena rispetto alle caratteristiche dell’odierna platea carceraria. Degna di considerazione, la diminuzione nelle carceri italiane delle presenze femminili e degli stranieri. Per quanto riguarda le donne, la differenza verso il basso si nota soprattutto rispetto all’anno 2019 quando le detenute erano 2663. Al 31 dicembre 2021, il numero s’è attestato a 2237. Qualche migliaia di unità in meno dell’intero anno 2021 anche per la popolazione straniera rispetto al biennio 2018-2019. Nel 2018 la soglia era di 20.200, 19.900 nel 2019. Al 31 dicembre dell’anno scorso, il numero è sceso a 17.000.

Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha rilevato che tra le violazioni più frequenti c’è quella relativa alla normativa sugli stupefacenti. Al 31 dicembre 2021 sono state arrestate in tutt’Italia per reati di droga 18.942 persone, numero leggermente inferiore al 2019 anno in cui le violazioni in materia di stupefacenti ha portato in carcere 21.000 e apice di un trend in aumento cominciato nel 2015 e proseguito per 4 anni. Il raffronto tra il 2020 e il 2021 per gli arresti connessi a reati di carattere mafioso ha restituito un quadro omogeneo con 7274 persone in carcere nel 2021, più o meno in linea con i 365 giorni precedenti.

In diminuzione, seppur di poco, i casi di suicidio in carcere tra il 2020 e il 2021. Due anni fa a togliersi la vita dietro le sbarre sono stati 61 detenuti, così come sottolineato dal Dap. L’anno scorso il numero si è fermato a 54, stando a quanto specificato da Ristretti Orizzonti, sito di cultura e informazioni dal carcere.

La tutela della salute mentale e la detenzione dei minori

Poco funzionali anche le Rems, le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza create ai sensi della legge 81/2014 in sostituzione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg) ufficialmente chiusi dal 31 marzo 2015. La Corte costituzionale con la pronuncia 22/2020 ha segnalato una grossa mancanza di risorse per i servizi della salute mentale riguardante il sistema nazionale con meno del 3% dell’intero budget del Sistema sanitario nazionale, con l’Italia relegata agli ultimi posti rispetto alla classifica di questo capitolo di spesa.

Tornando all’aspetto delle detenzioni, al 15 gennaio del 2021 i minori e giovani adulti nelle 17 carceri minorili d’Italia sono stati 316, di cui 8 ragazze e 140 stranieri. Particolarmente allarmante il dato relativo ai ragazzi presi in carico dai servizi della Giustizia Minorile in Campania nell’anno 2021, pari al 47.6% dei 13611 ragazzi dell’intero territorio nazionale. Molti dei giovanissimi campani, ben 69 l’anno scorso, sono finiti in comunità: 5 in strutture ministeriali e 65 in quelle private.

I fatti di Santa Maria Capua Vetere

La Campania e la Lombardia sono le regioni maggiormente produttrici di ingressi in carcere e, quindi, richiedono un notevole numero di strutture. Molte strutture e una vasta platea di popolazione detenuta possono portare a più problemi. Proprio in un carcere della Campania, quello di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, si è verificato uno dei fatti di cronaca più eclatanti degli ultimi anni: le violenze all’interno di quell’istituto penitenziario ai danni dei detenuti perpetuati nell’aprile del 2020 e testimoniate dalle immagini video riprese dal sistema di sorveglianza del carcere. Per accertare i responsabili di quelle aggressioni, nella giornata di martedì 26 aprile 2022, la Procura ha richiesto dopo l’udienza preliminare davanti al Gup Pasquale D’Angelo il rinvio a giudizio per 107 persone tra agenti di Polizia Penitenziaria e appartenenti al Dipartimento amministrativo penitenziario. Tra i reati ipotizzati, anche quelli di tortura.

In totale gli indagati erano all’inizio 120 prima di alcuni proscioglimenti. A Napoli, a margine della presentazione del report regionali sulle carceri della Campania di mercoledì 27 aprile, il garante nazionale dei detenuti Mauro Palma ha parlato di una “pagina brutta e grave”. “Mi colpisce il fatto che non ci siano state mai denunce interne. Ci sarà stato qualcuno che è entrato al turno successivo, qualcuno che si è accorto che qualcosa era avvenuto”, ha affermato. Il garante nazionale ha poi aggiunto: “A farmi rabbia è vedere anche nel mio Paese certe immagini che pensavamo di vedere solo in contesti meno democratici. Ma l’esistenza delle figure di garanzia, di una magistratura che vuole indagare e della volontà collettiva di stare a vedere che la stessa magistratura non rinvii le decisioni, mi fa ben sperare. Io – la conclusione di Palma – sono parte civile del processo di Santa Maria Capua Vetere, Torino e San Giminiano (in Toscana ndr.), ciò dimostra che il fenomeno (quello che vengono definite violenze nelle carceri ndr.) è eterogeneo ma non rappresenta tutto il sistema carcerario italiano”.

A parlare pubblicamente per la prima volta dei fatti di Santa Maria Capua Vetere dell’aprile 2020 fu, pochissimi giorno dopo, il garante delle persone private della libertà in Campania, Samuele Ciambriello. “All’epoca subii atti di intimidazioni e calunnia”, le parole del garante campano, secondo cui si sarebbe verificato in quella vicenda “un depistaggio di Stato”. Il magistrato – ha dichiarato Ciambriello – ha parlato di una mattanza di Stato, io invece dico che c’è stato un depistaggio, un silenzio, una negligenza, nonostante nelle mie denunce feci subito riferimento a prove visive poi diffuse”.

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