Sorrisi, pose, tanto cibo consumato e tanti acquisti di souvenir nei luoghi simbolo della divisione durante la Guerra Fredda. Nella settimana della celebrazione dell’Unità Tedesca, che cade ogni anno il 3 ottobre per ricordare la riunificazione del Paese avvenuta nel 1990 (quasi un anno dopo la Caduta del muro), i visitatori della Berlino odierna sembrano interessarsi poco del contenuto dei festeggiamenti. Almeno è questa la sensazione avuta vivendo dal vivo l’atmosfera della città. Certo, il fatto che il grosso degli eventi nel 2022 si svolga in Turingia, in nome della diversificazione del Land (in tutto in Germania sono 16), quale epicentro della celebrazione che viene rispettata ogni anno, sembra distrarre la parte di Berlino attratta perlopiù dal divertimento incarnata da chi non ci vive.

In città c’è qualche raduno dinanzi alla Porta di Brandeburgo, (compreso quello di domenica per dire no alla guerra e alla Nato), qualcuno è vestito da soldato sovietico e sventola la bandiera con la falce e il martello rievocando la vittoria contro il terzo Reich di Hitler nel 1945.

Per il resto, i tanti viaggiatori danno l’idea di non conoscere il significato storico della riunificazione. Gli esempi lampanti sono due: ciò che resta del Muro di Berlino e il Checkpoint Charlie, che hanno incarnato più di altri la divisione del mondo in blocchi nel corso della Guerra Fredda con l’Ovest guidato dagli Stati Uniti e l’Est sotto l’ombrello dell’Unione Sovietica riunito nel Patto di Varsavia. L’atteggiamento dominante in chi vi transita è quello dell’insostenibile leggerezza. Il muro quasi scambiato per un’attrazione delle giostre, il posto di blocco Charile come un videogame in cui far finta di fare il soldato in una sorta di war game. Eppure, sino al 9 novembre del 1989 il muro che tagliava in due Berlino rendeva quasi nulle possibilità per gli abitanti dell’Est di andare ad Ovest e viceversa. Al Checkpoint Charlie, senza una vera motivazione, non si dava la possibilità di andare nella parte di Berlino della Repubblica Federale filo americana.

Le foto al Muro

Una tragedia geopolitica vera, con la scia di terrore e le tensioni tra Usa e Urss che hanno fatto più volte temere l’escalation nucleare – minaccia che peraltro incombe di nuovo oggi dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo il 24 febbraio scorso – e la tensione sempre più crescente tra Russia e Occidente. La parte dei resti del muro di Berlino più fotografata, come spesso accade, è quella che raffigura su di una parete nell’East Side Gallery a Mühlenstrasse, la parte Est del muro, il bacio tra l’ex segretario Urss Leonid Il’ič Brežnev e l’allora presidente della Ddr Erich Honecker. Tutti abbracciati, tutti sorridenti mentre scattano i selfie da postare poi.

Solo le guide dei gruppi turistici organizzati dall’Europa e dal mondo vanno, forse, in profondità all’argomento. Per il resto, appare chiaro che molti non colgono davvero il messaggio che nel 1990 lanciò l’artista Dmitri Vrube quando disegnò il “bacio fratello’’ o altrimenti detto “il bacio della morte’’, e cioè: “Dio mio, aiutami a sopravvivere a questo bacio della morte” che è la frase che si legge nella scritta in basso ai due leader che amoreggiano. Vrube, hanno detto in molti, voleva far capire che l’esperimento del Socialismo incarnato dall’Urss era fallito come peraltro venne dimostrato con la disgregazione dell’Unione Sovietica del ’91 e lo scioglimento del Patto di Varsavia, che l’attuale presidente della Federazione Russa Vladimir Putin considera “la più grande tragedia del Ventesimo Secolo”, giustificando anche in questo modo “l’operazione militare speciale’’ in Ucraina.

A confermare, a Tell, un’assenza vera di attenzione è stato anche Giuseppe Salpietro, il 37enne di Bari che dinanzi al muro offre abbracci gratis a chi lo voglia, di cui abbiamo raccontato la storia. “Il 50% delle persone – le sue parole – viene in questo posto semplicemente per scattare una foto e metterla su Instagram, a partire dagli influencer. Molti non sanno cosa abbia rappresentato veramente il muro di Berlino, un incubo fatto di pietra che divideva famiglie e affetti”. La sensibilità vera, oggi, è privilegio per pochi a quanto pare.

Checkpoint Charlie attrazione consumistica

Discorso simile a Friedrichstraße, all’altezza dell’incrocio con Zimmerstraße, dove si trova il checkpoint Charlie. È il contesto, in questo caso, a determinare l’approccio da Luna Park. Attorno al posto di blocco, ancora presente, formato da una garitta, dai sacchi di sabbia, da alcune luci, da una bandiera a stelle e strisce issata, dalle foto di un soldato americano da un lato e da uno sovietico dall’altro, sorgono oggi le catene commerciali di vario genere più importanti. A spiccare è il McDonald’s, perennemente pieno, seguito dal negozio dell’Hard Rock Cafè e dagli altri di souvenir dove è possibile acquistare un pezzo del muro crollato. Ma sarà davvero un frammento originale? Qualche dubbio viene, nonostante all’atto dell’acquisto venga fatta firmare una sorta di liberatoria.

È la Berlino di oggi, ampiamente consumistica e capitalistica, incarnata dagli Usa e dall’Occidente. Cambia poco l’atmosfera sul posto, la presenza, a poca distanza, del museo del muro di Berlino con un pezzo eretto dinanzi alla porta e la stella simbolo dell’Urss. Dinanzi al check point si fanno fotografare con la posa da soldato, altri mostrano sorridenti i loro volti. Sembrano quasi dimenticare che quel posto era considerato l’avamposto tra il mondo comunista e quello occidentale, assolutamente antitetici.

Le differenze ancora in atto

Girando per pochi giorni a Berlino, ciò che si conferma è la sua multietnicità: buona parte degli oltre 700.000 stranieri rilevati (fonte Uribstrat.com) proviene dai Paesi arabi, dall’Africa, dall’Asia, dall’Europa, dall’America Latina e settentrionale. Ma si conferma anche una marcata differenza tra le condizioni della parte Ovest della città rispetto ad alcune aree e quartieri dell’Est escluse dallo sviluppo economico. Non mancano gli ”Obdachlose’’ (senza tetto) è i “Wohnungslose’’ (senza fissa dimora): secondo sempre i dati di Uribstrat.com, datati 2019, sarebbero tra i 6000 e i 1000 molti dei quali presenti proprio nella zona Est rifugiati sotto i ponti che sovrastano il fiume Sprea. La Berlino di oggi: bella, affascinante e ricca di una storia politica e sociologica che in molti ignorano o forse fanno finta di ignorare preferendo rifugiarsi in un sorriso di plastica.

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