A Ugandan man participates in Pride celebrations in Entebbe, Uganda. Desmond Tutu is being remembered for his passionate advocacy on behalf of LGBTQ people as well as his fight for racial justice. But the South African archbishop's campaign against homophobia had limited impact in the rest of Africa. (AP Photo/Rebecca Vassie, File)

Il Parlamento ugandese ha approvato un disegno di legge che criminalizza le minoranze sessuali e che comporta carcere, ergastolo e in alcuni casi la pena di morte per la comunità LGBTQ+, ma la decisione finale spetta al presidente Museveni.

Il 21 marzo il parlamento dell’Uganda, paese dell’Africa orientale da 45 milioni di abitanti, ha approvato una nuova legge contro le minoranze sessuali che criminalizza chi si identifica nella comunità LGBTQ+ (acronimo utilizzato per far riferimento alle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e, più in generale, a tutte quelle persone che non si sentono pienamente rappresentate sotto l’etichetta di donna o uomo eterosessuale) con una pena che va dai dieci anni di carcere all’ergastolo, in alcuni casi anche la pena di morte.

Una legge che ha avuto un ampio sostegno nel parlamento ugandese. Si attende, dunque, la decisione finale, che spetta a Yoweri Museveni, presidente dell’Uganda in carica dal 29 gennaio 1986, che può scegliere di usare il suo veto – e mantenere buoni rapporti con i donatori e gli investitori occidentali – o trasformarlo in legge. Qualora lui decidesse di firmare, l’Uganda diventerebbe il primo paese africano a vietare e punire per legge il solo fatto di identificarsi come gay, lesbiche, bisessuali, trans o queer. Anche se, per varie ragioni non è detto che riesca a completare tutto l’iter ed entrare in vigore.

Mantenere buoni rapporti con i Paesi occidentali e il timore di ripercussioni economiche potrebbero indurre il presidente a soprassedere o rimandare questa nuova legge nonostante in passato il presidente abbia espresso posizioni discriminatorie e intransigenti nei confronti delle persone omosessuali, considerando già l’omosessualità un crimine e accusando genericamente l’Occidente di “imporre le sue pratiche su altri popoli”. Infatti, il presidente Yoweri Museveni, già nel 2014 firmò una legge che comprendeva una pena di massimo 14 anni di carcere contro le persone omosessuali e anche l’ergastolo, punendo anche i parenti che non denunciano queste pratiche, come riportato dal giornale spagnolo El Mundo.

Questa norma è stata duramente criticata dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani e inoltre venne poi bloccata dalla Corte costituzionale. Eppure alcuni politici ugandesi sembrano non demordere su questa tematica poiché presentando la prima legge nel 2009, ove il legislatore ha sostenuto di dovere agire rapidamente non solo per ripulire la società ugandese dalla “sporca morale occidentale”, ma anche per esaudire la volontà del popolo, apparentemente allarmato dall’eccessivo spettacolo che erano diventate le pride parate (nota a noi con il nome di Gay Pride, una manifestazione pubblica aperta a tutti per celebrare l’accettazione sociale e l’auto-accettazione delle persone che fanno parte del mondo LGBTQ+).

Si attende dunque la decisione del presidente dell’Uganda che, però, non è l’unico paese del continente africano a vedere l’omosessualità come un disonore, una vergogna e un qualcosa da abolire. A spiegare meglio la situazione della tematica in Africa è Amnesty International, citando i paesi dove l’omosessualità è legale, illegale e dove si rischia la pena di morte, precisando che, il fatto che l’omosessualità sia legale in alcuni paesi dell’Africa non impedisce episodi omofobi, di gravi discriminazione e stigma sociale.

Iniziamo, dunque, dai paesi dove l’omosessualità è legale e che comprende 22 stati su 54: Angola, Benin, Botswana, Burkina Faso, Capo Verde, Repubblica Centrafricana, Congo-Brazzaville, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Gibuti, Guinea Equatoriale, Gabon, Guinea-Bissau, Lesotho, Madagascar, Mali, Mozambico, Niger, Ruanda, Sao Tome e Principe, Seychelles, Sudafrica.

Ci sono, poi, i paesi dove l’omosessualità è considerata un reato ed è punito con il carcere: Algeria, Burundi, Camerun, Ciad, Comore, Egitto, Eritrea, Etiopia, Gambia, Ghana, Guinea, Kenya, Liberia, Libia, Malawi, Mauritania, Mauritius, Marocco, Namibia, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Swaziland, Tanzania, Togo, Tunisia, Uganda, Zambia, Zimbabwe.

Dunque, le leggi più severe sembrano essere quelle dei seguenti Paesi: Gambia, Sierra Leone e quelli dell’area centro-africana (Uganda, Kenya, Tanzania, Zambia), dove è previsto perfino l’ergastolo, poi in Eritrea e Sud Sudan, in cui le persone LGBT possono subire condanne dai 7 ai 10 anni. In Libia e in Camerun (dove si deve anche pagare una multa) è prevista  la detenzione fino a 5 anni. In Marocco la detenzione è fino a 3 anni, così come in Ghana, Guinea, Togo e Tunisia. In Algeria e Chad il reato è punito con 2 anni di carcere mentre in Liberia e Zimbabwe è punito con un anno. In molti dei paesi menzionati sono previste anche sanzioni economiche. Alla lista si aggiungono altri paesi come l’Egitto, dove l’omosessualità non è criminalizzata per legge ma di fatto. Infine, ci sono i paesi dove l’omosessualità è punita con la pena di morte, ovvero: Mauritania, Sudan, Nigeria settentrionale e Somalia meridionale.

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