La situazione umanitaria in Sudan è allarmante dallo scorso 15 aprile, data dell‘inizio scontri armati tra l’esercito e le forze paramilitari dell’Rsf (Rapid Support Forces).
Nel Paese, dopo il referendum, sono cresciuti i casi di donne e ragazze sfollate e rifugiate e a scendere in campo per tutelarle, stavolta, sono i responsabili di alcune agenzie dell’ONU, OCHA, UNHCR, UNICEF, UNFPA e OMS che esprimono “sconcerto e condanna” per i crescenti casi di violenza sessuale in Sudan, chiedendo la fine degli abusi utilizzati come “tattica di guerra per terrorizzare le persone”.

Nel comunicato pubblicato dall’Unicef, la direttrice generale Catherine Russell afferma: “Quello che stiamo vedendo ancora una volta è un aumento di orribili violenze sessuali durante i periodi di crisi. È una violazione dei diritti umani pervasiva, ma troppo spesso nascosta, che può avere devastanti impatti fisici e mentali a lungo termine sui sopravvissuti. È fondamentale progettare piani di prevenzione e risposta che mettano al centro i bisogni delle donne, delle ragazze e di tutti i sopravvissuti”.

Anche Save the Children ha trattato l’argomento comunicando che, ad oggi, sono stati verificati 88 casi di stupro a seguito del conflitto, con almeno 42 presunti casi nella capitale del Sudan, Khartoum, e 46 nella regione del Darfur. D’altro canto, secondo l’Unità sudanese per la lotta alla violenza contro le donne, questa cifra è probabile che rappresenti solo il 2% dei casi totali di violenza sessuale, che sarebbero invece almeno 4.400 in sole 11 settimane.

Save the Children racconta di adolescenti che vengono aggredite sessualmente e stuprate da combattenti armati in Sudan, molte delle sopravvissute hanno tra i 12 e i 17 anni. Ma questo è un tema già noto in Sudan poiché già da prima che scoppiassero i combattimenti, più di 3 milioni di donne e ragazze erano a rischio di violenza di genere. Da allora questo numero è salito a circa 4,2 milioni di potenziali vittime di violenza.

“Nelle nostre sei cliniche sanitarie mobili che forniscono servizi di assistenza sanitaria di base per le popolazioni sfollate, incontriamo, purtroppo, frequenti casi di donne vittime di violenza sessuale e stiamo facendo del nostro meglio per sostenerle” ha dichiarato Sara Abdelrazig, responsabile dell’intervento di Save the Children nel Nord Kordofan. “Inoltre, dai racconti dei nostri operatori nei campi profughi, alcuni genitori stanno prendendo la dolorosa decisione di far sposare le proprie figlie in giovanissima età, nel tentativo di ‘proteggerle’ da ulteriori rischi di violenza sessuale, aggressione o sfruttamento. Un’alternativa orribile e una prospettiva terrificante per queste giovani”.
Più di 3.000 persone sono morte e 6.000 sono rimaste ferite dal 15 aprile, inizio dell’escalation delle violenze nel Sudan. Di questi, almeno 330 bambini sono stati uccisi.

I traumi

La violenza sessuale in Sudan continua ad essere utilizzata come strumento per terrorizzare donne e bambini, diffondere paura e intimidazione, per vantaggi politici e militari, per esercitare una sorta di pulizia etnica o umiliare un gruppo etnico in particolare, oppure semplicemente per punire i civili.
La brutalità dell’atto fisico stesso può essere particolarmente dannosa per bambine e bambini i cui corpi non sono completamente sviluppati. Le ragazze potrebbero subire prolassi uterini, fistole e altre lesioni al loro sistema riproduttivo e affrontare complicazioni o morte a causa di gravidanze precoci e aborti non sicuri. Sia le ragazze che i ragazzi rischiano danni urinari e anali e l’esposizione a malattie a trasmissione sessuale che, se non trattate, possono causare danni a lungo termine o decessi.

La situazione attuale in Sudan

Secondo quanto riportato dal sito arabo Al Hadath, Ahmed Osman Hamza, governatore di Khartoum, parla di uno stato di calma nella città di Omdurman. Sembrerebbe che anche le città di Khartoum e Bahri abbiano registrato una diminuzione di scontri dopo essere state sottoposte a intensi bombardamenti di artiglieria. Il governatore di Khartoum rassicura anche sul tema della sicurezza, dichiarando che sta migliorando alla luce dell’avanzata delle forze armate e ha invitato i residenti a recarsi in aree sicure per prevenire furti e saccheggi.

Nelle ultime ore, però, si è verificato un attacco raid a Omdurman, vicino Khartoum, precisamente nel quartiere di Dar es Salaam. I continui bombardamenti aerei hanno segnato la morte di circa 22 persone.

Le Forze di Supporto Rapido (RSF) hanno accusato la “milizia terroristica estremista guidata da Al-Burhan”, per i “deliberati attacchi aerei” avvenuti questo sabato mattina “colpendo civili innocenti in varie zone residenziali di West Omdurman”. Il bilancio dei morti per le Forze di Supporto Rapido è di “oltre 31 vite e numerosi civili feriti”. I

L’esercito sudanese ha negato che la sua aviazione abbia preso di mira qualsiasi obiettivo a Omdurman e ha accusato le Forze di supporto rapido di aver preso di mira i civili, dunque, di bombardare aree residenziali con artiglieria e missili in coincidenza con il volo di aerei dell’esercito.

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