Oggi il progresso di un Paese si misura anche in base al suo grado di avanzamento digitale, motivo per cui l’esigenza di investire in una trasformazione inevitabile risulta davvero lampante.

Partiamo da alcuni dati. Il nostro Paese si classifica diciottesimo in Europa secondo lo studio pubblicato nel 2022 dal Desi (Digital economy and society index) presentando un grado di alfabetizzazione informatica abbastanza basso (il 46%.della popolazione non ha le conoscenze di base). Se nel campo della Pubblica Amministrazione (PA) l’Italia scala posizioni proponendo un servizio medio-alto, la quasi assenza della banda larga resta una situazione critica. Impressiona, poi, il livello di digitalizzazione delle imprese tra i primi dieci d’Europa, anche se cede sul fronte dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e dei Big Data, dove persistono differenze evidenti con le grandi di Europa. L’e-commerce invece appare sotto la media, sia per quanto concerne il ricorso al food delivery che allo shopping ma non per l’acquisto di biglietti di trasporto i cui dati risultano in linea con la media Ue. Si registra poi che nel campo della diffusione dei servizi e cultura digitale è dell’Italia il progresso maggiore rispetto a tutti i paesi europei.

Altro fardello significativo resta l’ampio utilizzo del contante a cui una buona fetta di italiani resta affezionata che limita i pagamenti elettronici pro-capite alla modesta cifra di 61,5 (nel 2020) rispetto a una media europea di 142. Ostacoli principali della diffusione del cashless sembrano il timore delle frodi (anche se il contante pare meno sicuro) e i problemi nell’accettazione.

Bisogna anche però evidenziare i settori dove il nostro Paese è in rapida ascesa. Nel 2022, secondo gli ultimi dati appena diffusi da “World Robotics”, l’Italia è sesta al mondo per numero di robot industriali installati, che sono ormai oltre 91.000 unità. Questo succede anche se non possediamo forti industrie dell’auto e dell’elettronica, cioè i settori che più massicciamente utilizzano i robot, come quelle di Cina, Giappone, Germania e Corea del Sud. Sono altri, infatti, i campi che hanno registrato ottimi numeri come quello degli alimentari, delle bevande e del tabacco in cui l’Italia è addirittura terza al mondo per stock di robot o l’industria del tessile-abbigliamento-pelli-calzature (547 robot) dove siamo preceduti solo dalla “fabbrica del mondo” Cina (2.171 robot).

Esempi europei

Se compensiamo grandi lacune con altri successi, è anche vero che non troppo distante da noi esiste una realtà tanto virtuosa quanto trascurata, l’Estonia. Il paese baltico, ai confini con la Russia e la Lettonia, affacciato sul Mar Baltico, e quasi disabitato (conta solo un milione e trecentomila abitanti), è uno dei più digitalizzati e tecnologici al mondo. Qui la rete internet a banda ultralarga arriva ovunque, anche nelle campagne più isolate: nel 1997 il governo ha dichiarato l’accesso gratuito a Internet un diritto fondamentale.

Il processo è iniziato dalle scuole quando nel 1999 tutti gli istituti educativi sono stati dotati di una connessione a internet ultraveloce, di personal computer, tablet, libri di testo digitali, lavagne interattive e arricchiti con corsi di robotica e programmazione. Ma a rendere il modello estone vincente è stato il principio di “una volta sola”, quello che ha raggruppato tutte le informazioni su un’unica potente piattaforma per scambio dati, conosciuta come X-Road. Si tratta di una sorta di strada virtuale in grado di collegare tra loro tutti i servizi della PA, dalle tasse da pagare, alla sanità fino alla motorizzazione, che consente agli uffici pubblici e privati, se autorizzati, di accedere ai propri database, in totale sicurezza, per ottenere i dati necessari allo svolgimento di una pratica.

Inoltre, il governo estone ha imposto a tutti gli uffici di offrire, pur lasciando la possibilità della presenza, i propri servizi online, generando secondo l’Agenzia digitale nazionale un risparmio di tre milioni di ore di lavoro. Tutto è nato per due ragioni. La prima è che dopo il 1991 con la caduta dell’Unione Sovietica, l’Estonia si è trovata senza una burocrazia tradizionale, la seconda, invece, è che la densità abitativa rarefatta costringeva a trovare un metodo che rendesse più efficiente l’accesso ai servizi pubblici.

È così che oggi in Estonia si sale su autobus a guida autonoma, si effettuano ordini di delivery a fattorini robot, si può votare anche online e si può persino richiedere una cittadinanza virtuale per ottenere una residenza digitale, strumento che permette di aprire una società o un’azienda, in pochi minuti e con pochi euro. Gli effetti di questa sfrenata digitalizzazione sono ben visibili sul Pil che nel 2022 ha raggiunto quota 583,5 rispetto a una media Ue di 196,6.

Cosa ci serve?

Se ci ricaliamo nella dimensione italiana, notiamo che secondo il primo rapporto sullo stato del decennio digitale da parte della Commissione europea, occorre incrementare gli sforzi sul fronte dell’upskilling e il reskilling della forza lavoro e sfruttare al meglio i fondi del PNRR per investirli nella formazione di specialisti ICT (Informazione e comunicazione tecnologica). Serve poi accelerare particolarmente gli sforzi in ambito di copertura da rete fissa ad altissima capacità (54% delle famiglie contro il 73% dell’UE).

Il problema reale sta nell’esigenza profonda di un salto di efficienza della pubblica amministrazione che dovrebbe imparare, come molte altre realtà nordeuropee, a scambiarsi tra le proprie entità le informazioni dei soggetti privati, senza gravarli di eccessiva burocrazia. Tuttavia, per quanto sia innegabile la difficoltà delle nostre infrastrutture ad adeguarsi a modelli più efficienti e l’inesperienza di certe fasce di popolazione nell’uso della tecnologia, è altrettanto vero che l’Italia è uno dei paesi europei con la più alta penetrazione di smartphone e di connessioni internet, e molte persone usano regolarmente i social media e altre applicazioni digitali ed è ancor più vero che tante nuove start-up innovative e numerose aziende leader nel settore tecnologico sono nate nel Belpaese. Staremo a vedere.

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