Il 2035 potrebbe essere un anno di cambiamento per noi, poiché il Parlamento Europeo il 14 febbraio 2023 ha approvato in via definitiva la proposta di regolamento della Commissione europea che prevede la fine alla vendita di nuovi veicoli con motori termici benzina, diesel e ibridi dal 2035. Ma, se nel nostro Paese, molti italiani sono già preoccupati per questa scelta e per le spese che comporteranno i veicoli elettrici, in Africa invece si è già un passo avanti. Ebbene sì, il continente africano, che solitamente viene associato alla povertà, è sulla buona strada, e tanti sono i paesi africani che hanno adottato questa scelta.

La Nigeria, il paese più popoloso dell’Africa, si pone come obiettivo quello di procurare, nella propria capitale Lagos, 12.000 autobus elettrici entro il 2030 e ovviamente un’infrastruttura necessaria per farli funzionare, tramite la partnership fra la società energetica nazionale Oando Clean Energy Limited (OCEL) e il costruttore di autobus cinese Yutong. In questo caso il detto “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” non è valido poiché sono già arrivati i primi due autobus a Lagos.

C’è anche chi, anziché immaginare e sognare ad occhi aperti, si è rimboccato le maniche e ha contribuito all’innovazione, come Mustapha Abubakar Gajibo, giovane 30enne che sta lanciando un’industria di veicoli elettrici nella città nord-orientale di Maiduguri. Il suo primo progetto è stato quello di convertire i motori a combustione interna dei veicoli solitamente utilizzati in città in versioni elettriche e si è focalizzato su due tipi di veicoli che i residenti spesso pagano per viaggiare: i minibus a sette posti e i tricicli a motore conosciuti come keke.

A lavorare sodo senza arrendersi ne è valsa la pena, poiché attualmente l’azienda ha una dozzina di minibus elettrici che possono coprire una distanza di 150 chilometri con una carica, e costano circa 1,50 dollari per essere alimentati a piena capacità. Mustapha e il suo cofondatore Sadiq Abubakar Issa hanno anche progettato una stazione di ricarica a energia solare da 60 kilowattora in città e stanno cercando di crearne altre.

Anche l’Etiopia è nella lista degli stati africani che sull’elettrico sono avanti, nonostante nel Paese ci sia una carenza di energia. In Etiopia arrivano le Solaris Elettra che saranno prodotte ad Addis Abeba, costeranno circa 12.000 e 15.000 dollari, e saranno vendute in Etiopia ed esportate in Africa ed Europa. Carlo Pironti, direttore generale della Freestyle PLC, la società che produce la Solaris, ha dichiarato a Uduak Amimo della BBC ad Addis Abeba che la carenza di elettricità in Etiopia non rappresenta un grosso ostacolo alla circolazione di un’auto elettrica e che “l’auto può essere ricaricata tramite generatore e energia solare”.

In Uganda, invece, arriva il Kayoola bus, costruito dalla Kiira Motors Corporation e introdotto già il 16 febbraio 2015 sulle strade cittadine di Kampala. L’autobus può trasportare fino a 35 persone compreso l’autista ed è mosso da un motore elettrico alimentato da due batterie. Una viene ricaricata dai 12 pannelli solari installati sul tetto e l’altra può essere ricaricata mentre l’autobus è fermo.

Per quanto riguarda il Kenya, potrebbe esserci una collaborazione tra il governo e l’azienda Spiro (leader nel settore della mobilità a zero emissioni) che metterà in campo la sua flotta più grande di veicoli elettrici nel paese dell’Africa orientale, per un totale di 1.2 milioni.

C’è anche il Ghana. Kofa, start-up ghanese di veicoli elettrici, ha firmato un accordo con il produttore cinese Tailg Group per la distribuzione di circa 200.000 unità della moto Jidi a batteria, progettata e adattata all’ambiente africano, entro il 2030. La partnership prevede anche la costruzione di oltre 5.000 stazioni di scambio di batterie in tutto il continente e proprio i primi modelli dovrebbero arrivare in Ghana entro la fine del 2023, per poi essere distribuiti nel resto del continente negli anni successivi.

Nel frattempo, Valerie Labi (imprenditrice ghanese) ha inventato una bicicletta elettronica che può essere ricaricata come se fosse un cellulare. Labi, intervistata da Bbc Focus, ha raccontato che si tratta di “una via di mezzo tra una motocicletta e una bicicletta, ma è elettrica, quindi non c’è bisogno di benzina per guidarla. Permette di portare un carico. Può essere ricaricata come un cellulare. L’autonomia è di circa 140 km al giorno”.

Ma, come sempre, non è tutto rose e fiori. Se da un lato pensiamo all’innovazione e ai progresssi che si stanno facendo, dall’altro lato non può mancare il pericolo. Ed è proprio nelle miniere del Congo che migliaia di bambini rischiano la vita per estrarre il cobalto, ovvero uno dei materiali indispensabili alle batterie delle auto elettriche. Secondo l’Unicef sono oltre 40mila quelli che si calano nelle gallerie, e tra di loro ci sono anche bambini di 6/7 anni che scavano a mani nude per portare in superficie quantità sempre maggiori di cobalto. Tenendo presente che per una batteria di un’auto elettrica ne servono una decina di chili e che tale quantità equivale a due giornate di lavoro, che però vengono pagate tra i 3 e 5 dollari, mentre sul mercato occidentale costano 300-350 euro.
Ai bambini che lavorano si uniscono anche gli adulti, circa 160mila uomini e donne, ma anche ragazze che si occupano di selezionare, scartare e lavare il materiale estratto, esposte a ogni sorta di abusi.

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