Nessuna archiviazione del caso come suicidio: sulla morte del cooperante e giornalista napoletano Mario Paciolla, ritrovato impiccato con un lenzuolo bianco il 15 luglio 2020 in un appartamento di San Vincente a Caguan in Colombia, si continuerà a indagare. A deciderlo il Tribunale di Roma accogliendo la richiesta del gip Monica Ciancio, che si era opposta alla richiesta di archiviazione presentata dalla Procura della Capitale. Mario Paciolla si trovava 3 anni e mezzo fa in terra colombiana per partecipare a una missione di pace Onu (con cui collaborava dal 2018) incentrata sul controllo del rispetto degli accordi di pace tra Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, e il governo del Paese sudamericano. Le autorità locali avevano praticamente da subito spinto sulla tesi del suicidio, conclusione a cui i familiari di Mario non hanno mai creduto convinti invece che il 33enne sia stato eliminato da qualcuno.

I sospetti della famiglia

Per Anna Motta, madre di Mario Paciolla, il prosieguo delle indagini “dà fiducia”. “Siamo contenti che siano state prese in considerazione le richieste dei nostri avvocati”, afferma. Ad assistere la famiglia Paciolla sono gli avvocati Alessandra Ballerini ed Emanuele Motta. Mamma Anna ribadisce ancora una volta: “La morte per suicidio di Mario non ci ha mai convinto, anzi noi abbiamo l’assoluta certezza che mio figlio sia stato ucciso’’. Questo perché, aggiunge, “ci sono dei fatti fondamentali evidenti e di cui possiamo sapere solo noi della famiglia. Noi abbiamo parlato con Mario nei giorni antecedenti la sua morte e aveva tutta la proiezione della sua vita in avanti. Aveva acquistato un biglietto di ritorno a Napoli e ha addirittura avvertito l’ambasciata che lui stava lasciando il Paese”.

Mario, secondo quanto emerso, era comunque turbato per qualche ragione rispetto alla missione delle Nazioni Unite in Colombia, e per tale motivo era propenso a rientrare in Italia, cosa che sarebbe dovuta avvenire il 20 luglio, ossia soltanto 5 giorni dopo la sua morte. Perché questa voglia di tornare? Cosa aveva visto Paciolla, che non andava, in Colombia? C’entra qualcosa realmente l’Onu? È quello che gli attivisti di “Giustizia per Mario Paciolla’’ vogliono scoprire insieme alla sua famiglia e a chi gli voleva bene. Tra le ipotesi quelle di un collegamento tra la morte del giornalista e cooperante e la vicenda delle dimissioni nel 2019 del ministro della Giustizia dell’allora governo della Colombia, Botero. Le dimissioni avvennero a seguito di un rapporto dell’Onu sull’uccisione di 7 ragazzi in un villaggio per opera dell’esercito della Colombia. In quel villaggio era presente un capo di alcuni dissidenti delle Farc che, evidentemente, non accettava la pacificazione. “Una cosa è certa – conclude Anna Motta, la madre di Mario – non c’era ragione per la quale avrebbe dovuto togliersi la vita. Ci sono poi delle prove indiziarie, tra depistaggi e alterazioni della situazione che danno valore alla nostra convinzione che qualcuno abbia ucciso Mario”.

Il ritrovamento del cadavere

Paciolla il 15 luglio del 2020 fu ritrovato senza vita nella sua stanza di San Vincente, a Caguan, impiccato con un lenzuolo. All’interno erano state trovate anche tracce di sangue ma, ed è questo il forte sospetto su come sia morto Mario, il luogo della morte non era stato adeguatamente protetto per consentire la massima efficacia dei rilievi. Giuseppe Paciolla, il papà di Mario, insiste su questo punto: “Di strano c’è che dal primo secondo è stato detto che nostro figlio si sia tolto la vita. Invece ci sono delle anomalie, ampiamente argomentate come il lavaggio dell’appartamento con la candeggina e che sia stato buttato in discarica del materiale” che avrebbe potuto aiutare a capire cosa sia successo al cooperante Onu. “Se c’erano delle prove nell’appartamento in cui nostro figlio è morto, sono state cancellate’’, si dice convinto Giuseppe Paciolla, che poi chiosa: “Mario è un emblema non solo della libertà di stampa ma anche del mondo della cooperazione. Lui era in Colombia con l’Onu perché voleva essere vicino agli ultimi, ai dimenticati. Noi diciamo sempre di voler aiutare gli altri, poi però quando sono a prodigarsi per chi ne ha bisogno, abbandoniamo prima i nostri”.

“Le Nazioni Unite hanno collaborato nella massima misura possibile con le indagini delle autorità italiane sulla tragica morte del nostro collega e sono pronte a fornire tutta l’ulteriore assistenza possibile per contribuire a far luce sul caso”, sono le parole del segretario generale dell’Onu, Guterres, al sito La Voce di New York.

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