Fanno discutere due eventi accaduti nella Repubblica irachena durante l’ultimo fine settimana che riguardano le già forti limitazioni alla libertà delle donne e della comunità LGBTQ. L’uccisione di una nota tiktoker e l’introduzione del reato di omosessualità sono le due notizie che arrivano dall’Iraq che hanno in comune la salvaguardia dei “valori islamici” più estremisti e la “difesa della comunità irachena dalla depravazione morale che ha invaso il mondo”, come sostengono i difensori del nuovo provvedimento.

L’omicidio della tiktoker

La nota tiktoker Ghufran Mahdi Sawadi, seguita da quasi mezzo milione di follower, nota con il nome di Om Fahad, ha perso la vita in circostanze ancora poco chiare lo scorso 26 aprile. Secondo quanto riferito da fonti di sicurezza irachene citate dal Guardian, la giovane si trovava in auto sotto la propria abitazione nel quartiere Zayouna, a Baghdad, quando un uomo, non ancora identificato, fingendo di consegnare cibo avrebbe azionato il grilletto della propria arma ferendola mortalmente.

Nel 2023 Om Fahad era stata condannata a 6 mesi di carcere per alcuni suoi video nei quali ballava musica irachena indossando abiti attillati che, secondo il tribunale, “contenevano discorsi indecenti che minavano il pudore e la moralità pubblica”. Subito dopo questa condanna il governo iracheno aveva lanciato una campagna volta a ripulire i social media più in uso da contenuti in violazione della morale e delle tradizioni del paese. L’ istituzione di un comitato del Ministero degli Interni per la ricerca su Youtube, TikTok ed altre piattaforme di filmati offensivi aveva condotto all’arresto di alcuni influencer.

È giallo sul movente dell’assassinio della giovane città tiktoker, un omicidio che ricorda per molti aspetti quello di Tara Fares, avvenuto 6 anni fa. Tara, eletta Miss Baghdad nel 2015, era una modella, attivista per i diritti umani ed influencer con quasi tre milioni di follower su Instagram, ed anche lei fu uccisa sotto casa nella capitale.

L’approvazione della legge contro i gay

A scuotere l’opinione pubblica e le principali associazioni per i diritti umani anche l’approvazione da parte del parlamento iracheno della legge contro gli omosessuali. Nel Paese dove essere omosessuale rappresenta da sempre un tabù, irrompe una legge che punisce i gay ed i transgender con la detenzione.

Nel testo della nuova legge è prevista la pena minima di sette anni di carcere per coloro che “promuovono” relazioni omosessuali e la prostituzione, una pena che va da uno a tre anni per gli uomini che si comportano “intenzionalmente” come donne mentre gli omosessuali rischiano fino a 15 anni di carcere.
Ma non è tutto. Il nuovo provvedimento prevede pene detentive anche per i medici che eseguono gli interventi chirurgici di riassegnazione di genere e per coloro che praticano “scambi di moglie”. In una versione precedente la legge prevedeva la pena di morte per le relazioni omosessuali, cancellata grazie all’intervento degli Usa ed altri paesi occidentali.

Da oltre vent’anni, da quando non era più perseguibile, l’ omosessualità torna ad essere considerata un reato in Iraq.
Nel paese asiatico dove la comunità LGBT+ già affronta attacchi e discriminazioni frequenti è in atto quella che molti attivisti hanno definito una pericolosa escalation contro i diritti umani. L’inasprimento delle misure sarebbe stato dettato – secondo quanto riferito dalle Autorità – dall’esigenza di “preservare i valori religiosi del paese”.

In molti Paesi del mondo è reato essere gay, bisex o transgender

Sono davvero tanti gli Stati tra Asia, Africa e parte dell’America nei quali esistono dure condanne nei confronti di coloro che hanno rapporti omosessuali. Nello studio Franklin & Marshall Global Barometers, pubblicato nella scorsa estate è emerso – per citare due opposti – che, mentre in Russia, Nicaragua, Guinea Equatoriale e Malawi le tutele sono diminuite, alla parte occidentale dell’Europa va la maglia d’oro, offrendo questa zona quasi il 90% di tutti i diritti possibili alla comunità Lgbt.
Nel 2022, Amsterdam è stata dichiarata la città più queer-friendly del mondo da Open for Business. Il rapporto citava gli “aspetti accoglienti” della capitale olandese definita un “forte faro globale” per la sua apertura nei confronti della comunità LGBTQ. Il 26 gennaio 2014, con la depenalizzazione del reato di omosessualità nella zona settentrionale dell’isola di Cipro, l’ Europa è diventato il primo continente al mondo a non avere più alcun paese provvisto di leggi contro l’omosessualità.

Nel rapporto Amnesty International 2023-2024 divulgato ad aprile sulla situazione dei diritti umani nel mondo, è stato registrato un peggioramento della situazione globale per i membri della comunità LGBTQ+. Un elemento che emerge dal rapporto è che nonostante i progressi ottenuti in alcuni Paesi, si sono moltiplicati gli attacchi ai diritti delle persone Lgbtq+. Molti governi avrebbero indebolito i diritti di questa comunità e non hanno contrastato la violenza di genere. È evidente, quindi, l’immenso lavoro ancora da fare in moltissimi Paesi per mettere la parola fine alla criminalizzazione ed all’oppressione delle persone queer.

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