Non solo il trasferimento repentino in altre carceri di tutte le circa 140 detenute ospitate. La chiusura definitiva della Casa Circondariale femminile di Pozzuoli, disposta e confermata dal Provveditorato delle Carceri a causa dei grossi danni causati dalle varie scosse terremoto dello scorso 20 maggio, si porta indietro un’altra negativa conseguenza: lo stop alle attività della Cooperativa Lazzarelle che aveva permesso un reinserimento nel mondo del lavoro a tante donne chiamate a saldare un debito con la giustizia.

L’interruzione forzata

La Casa Circondariale femminile di via Pergolesi a Pozzuoli era l’unico con queste caratteristiche nei dintorni di Napoli, città dove è nata e si è sviluppata l’idea delle Lazzarelle. Le detenute coinvolte nei progetti di torrefazione e cioccolateria della cooperativa, dopo la decisione di evacuare la struttura puteolana, si trovano ora nel carcere di Lauro, in provincia di Avellino, un istituto a custodia attenuata per detenute madri. “Il lavoro in carcere e il bistrot (tuttora regolarmente aperto nella Galleria Principe di Napoli, di fronte al Museo Nazionale) – afferma Imma Carpiniello, presidente della cooperativa Lazzarelle – hanno funzionato perché erano connesse a Napoli. Il carcere femminile si trova a pochi chilometri dal capoluogo. In altre zone della Campania diventa difficile far uscire anche le detenute per andare a lavorare”.

Il rischio di dover interrompere un processo virtuoso di recupero riguarda attualmente sette detenute impegnate nella torrefazione del caffè e della cioccolateria e almeno una persona sulle tre contrattualizzate grazie al progetto Cleaning, portato avanti in collaborazione tra le Lazzarelle e Wonderful Italy, piattaforma collegata alle case vacanza.

In 15 anni di attività, all’interno del carcere di Pozzuoli hanno lavorato per la cooperativa ben 80 detenute, il 90% delle quali è stato reimpiegato in vari contesti lavorativi. Continuano invece la propria attività al bistrot le detenute in regime di semilibertà. Per alcune di loro, così come accadde durante il periodo Covid, la chiusura del carcere femminile di Pozzuoli ha significato un ritorno a casa dopo l’orario di lavoro e non nella cella, come successo fino al 20 maggio e dopo la fine dell’emergenza pandemica.

La voglia di ricominciare

La presidente della cooperativa, pur amareggiata, non si arrende: “Se si parla delle porte girevoli del carcere – è il suo ragionamento – non si può prescindere dal lavoro che noi abbiamo cominciato in carcere. Spesso quando si esce non c’è nulla per le detenute”. Per tale motivo, aggiunge, “vogliamo ricominciare appena sarà possibile. E in proposito abbiamo un’interlocuzione diretta con il Provveditorato alle Opere Pubbliche che, viste le condizioni di inagibilità, non poteva non chiudere il carcere, era un atto necessario. Va avanti il confronto anche con la Direzione del carcere di Pozzuoli, che esiste ancora”.

Per Imma Carpiniello, la Casa Circondariale di Pozzuoli rappresentava “un ecosistema composto anche dagli educatori, dagli agenti di Polizia Penitenziaria, dalla stessa direzione oltre ovviamente dalle detenute”.

Carpiniello, alla quale un anno fa il Capo dello Stato Sergio Mattarella conferì l’onorificenza al Merito della Repubblica per quanto messo in atto con le Lazzarelle, chiude con una riflessione che sa di auspicio e anche di appello: “Se non si crea una condizione politica per realizzare una nuova sede di Casa Circondariale in provincia di Napoli, come era Pozzuoli, un carcere costituzionalmente orientato, tutto il lavoro fatto rischia di essere vanificato”. Almeno al momento, però, l’ipotesi su un nuovo carcere femminile nell’area napoletana sembra non sostanziarsi. Inoltre, le 30 detenute trasferite nella Casa Circondariale Pasquale Mandato di Secondigliano, ubicato nel territorio partenopeo, non sono quelle inserite nel progetto delle Lazzarelle e al momento non è previsto che le attività della cooperativa possano riprendere in quel carcere.

Il trasferimento delle detenute

Risultano 138 le detenute della Casa Femminile di Pozzuoli trasferite a partire dalla mattinata del 21 maggio scorso, giorno successivo allo sciame sismico che toccò i 4.4 di magnitudo, che hanno trovato ospitalità in diversi carceri campane e anche in altre regioni. Nello specifico: come detto, 30 detenute sono ora al Pasquale Mandato di Secondigliano. Tre detenute con problemi psichici al carcere Santa Maria Capua Vetere; 43 nel carcere di Lauro (comprese quelle del progetto Le Lazzarelle); 10 a Salerno, 9 a Benevento 2 a Bellizzi Irpino. Per altre 8, in regime di semilibertà, è stato concesso il ritorno a casa. Ma c’è a chi è andata peggio. È il caso di 15 detenute finite nel carcere di Bollate a Milano, 10 a Venezia e 5 a Perugia.

Su questi ultimi casi c’è da registrarsi il giudizio negativo di Samuele Ciambriello, garante campano per le persone private della libertà: “Questa diaspora fuori regione delle detenute, ma anche della polizia penitenziaria e del personale non mi convince, pur comprendendo l’emergenza’’. Ciambriello aggiunge: “A Pozzuoli le detenute frequentavano programmi comportamentali all’avanguardia. Io ho scritto una lettera al capo del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ndr.) per sottolineare come l’emergenza non deve essere sine die e che a problemi si sommano altri problemi”. Dal canto suo Lucia Castellano, provvedditore delle carceri campane, all’Ansa afferma: “Il carcere di Pozzuoli è un’eccellenza alla quale non vogliamo rinunciare”. I tecnici hanno appurato “un danno fessurale a cui non può non fare seguito un programma di interventi che terrà chiusa la struttura per qualche anno”. La Casa Circondariale, aggiunge Castellano, “rappresenta un pezzo della città. Non vogliamo riununciare alle attività che hanno consentito di avviare le detenute verso percorsi di riabilitazione come la cioccolateria e la sartoria”.

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