Fonte foto: utente Twitter

In Myanmar continua ad essere violenta e sanguinaria le repressione delle proteste da parte delle forze di polizia. Nelle città birmane si procede da un mese con le manifestazioni contro il governo militare che ha spodestato con il colpo di stato del primo febbraio quello eletto a novembre del 2020, e il numero delle vittime non accenna a fermarsi.

La suora che si è inginocchiata davanti alla polizia supplicando di non sparare sulla folla e la sua immagine diventata virale non sono bastate a spegnere le violenze. Altri religiosi si sono inginocchiati, implorando la polizia di non attaccare i manifestanti. Ma si spara e si uccide ancora. Dall’inizio delle proteste le vittime sono aumentate ad almeno 60.

Fonte foto: Myitkyina News Journal

Oggi è morto Zaw Myatt Linn, deputato del partito di Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia. Era stato arrestato poco prima del decesso e non sono ancora chiare le cause della sua morte. Un altro deputato dello stesso partito era morto nei giorni scorsi in circostanze poco chiare.

Decine di arresti sono stati eseguiti nella notte e scontri si sono registrati a Loikaw. “Le nostre notti non sono più sicure”, dice una donna raccontando che a Dawei i “terroristi” della giunta militare hanno distrutto macchine, lanciato gas lacrimogeni contro i cittadini e sparato ai moticicli.

Su Twitter circolano le immagini dei militari che esplodono colpi d’arma da fuoco in una strada deserta.

Diversi i civili rimasti feriti a Dawei. I militari sparavano ovunque, secondo le numerose testimonianze che arrivano dal posto.

La repressione passa anche attraverso la censura. Secondo quanto riporta Rainews, la giunta militare ha cancellato le licenze di cinque media locali: Mizzima, DVB, Khit Thit Media, Myanmar Now e 7Day News.

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