“Qua ci sono persone, sono sempre le stesse, a cui portano soldi da distribuire in cambio di voti alle elezioni”. Il sistema è sempre lo stesso, è rodato. “Il metodo del 50 euro”, lo chiamano oggi. E pare che sia antico quanto i palazzi che ne mantengono il segreto. Sul quartiere 219 di Brusciano, diventato noto per la grande piazza di spaccio che lo soffoca da anni, si allarga anche l’ombra del voto di scambio. “I politici sanno che se vengono qui prendono voti”, dice V. . I nomi di chi paga e ha pagato circolano velocemente. Ma resteranno parole lasciate al vento fino a quando non troveranno riscontro concreto.
“Ci hanno chiamato camorristi, ma quando vogliono i voti vengono da noi”, sbottano alcuni residenti, che svelano senza problemi anche altre illegalità. Parlano di avvocati che si fanno pagare dai pregiudicati compensi a nero su servizi coperti da gratuito patrocinio, parlano di alloggi occupati abusivamente per i quali si versa il canone sociale previsto per chi è legittimo assegnatario. L’illegalità procede di pari passo con la legalità, in un posto dove l’abbandono di decenni, oltre a creare terreno fertile per attività malavitose, sta mandando in malora palazzi abitati da decine di famiglie. E tanti sono i bambini e diversi i disabili che ci vivono.
I palazzi in rovina
Nella “219” di Brusciano gli edifici – di proprietà del Comune – da anni versano in uno stato di degrado. “Io in 40 anni ho visto soltanto una volta intervenire il Comune per la manutenzione, quando ero piccolo”, racconta Enzo. In uno degli edifici, una donna costretta sulla sedie a rotelle spesso resta bloccata in casa perché l’ascensore diventa inutilizzabile dal suo piano e i tecnici del Comune si fanno sempre attendere per giorni. “Certe volte la carichiamo noi del palazzo e la facciamo scendere”, raccontano dei vicini.
A causa di infiltrazioni di acqua ci sono alloggi molto umidi e pieni di muffa sulle pareti, soprattutto ai piani alti. Anna ha tre bambine, la seconda è disabile. Con la sua famiglia occupa abusivamente un appartamento all’ultimo piano. “Fino a un anno fa pagavo comunque l’affitto, poi ci ho rinunciato”, ammette. Secondo quanto ci spiegano gli abitanti del posto, ogni abusivo risulta censito al Comune e paga il canone sociale in attesa di una sanatoria. Anna più volte ha usato i social per segnalare all’ex sindaco i disagi per le infiltrazioni di acqua. Mostra i messaggi che gli ha inviato e si dispera. “L’ultima volta che sono andata al Comune ho perso la calma, perché non ce la faccio più. Io mia figlia me la ritrovo con i calcinacci in testa mentre guarda la televisione”, afferma.
Nella casa a fianco, Nunzia costringe il marito a imbiancare ogni due mesi: “Mia figlia è nata con la polmonite, non può stare con questa muffa in casa”. Nonostante l’intervento continuo con il pennello, la macchie sulle pareti si vedono ed è costretta a coprire gli armadi con della plastica.
È una cloaca lo scantinato che fino a 2 mesi fa nascondeva una pistola mitragliatrice, sei semiautomatiche e una carabina con silenziatore. Oggi è inondato da acqua putrida ed è invaso da pantegane.
Problemi alle fogne spesso provocano allagamenti nei sotterranei e a risolverli sono quasi sempre i residenti. “Sono sceso e mi sono trovato un topo vicino alla testa”, racconta Luigi, un uomo che lavora nel settore edile e che nel quartiere sembra un aggiustatutto: su ogni guasto interviene e ripara. A sue spese ha aggiustato il solaio in corrispondenza della sua abitazione. Una delle tettoie in vetro che coprono le sue finestre ha un foro ben evidente. È uno dei segni lasciati dalle “stese” che in questi anni si sono susseguite a Brusciano nella faida di camorra in cui si sono contrapposti due gruppi camorristici, il clan Rega e il clan Palermo. I colpi esplosi in aria sono arrivati fino al quinto piano e hanno bucato una delle sue tettoie. La presenza della camorra è palpabile nelle feritoie ricavate nei cancelli, nei fori lasciati dai proiettili sulle finestre delle scale e sulle pareti scrostate dalle intemperie e dall’abbandono.
L’abbandono
Il quartiere dove sono nati gli insediamenti popolari destinati agli sfollati del terremoto dell’Ottanta da decenni è ai margini dell’attenzione istituzionale. Oggi se ne parla per la sua piazza di spaccio, la più grande della provincia a nord-est di Napoli da anni ormai. Dopo quattro anni di una guerra spietata di camorra passata inosservata alle istituzioni sovracomunali e a buona parte della stampa, la sfiducia dell’ex sindaco Giuseppe Montanile ha acceso un faro sul caso Brusciano, che ora la politica a sinistra sta cavalcando, anche sollevando sospetti sui consiglieri che con le loro dimissioni hanno provocato la caduta dell’amministrazione Montanile nei giorni in cui si disponeva nei suoi confronti la vigilanza come misura di protezione personale per delle minacce che avrebbe ricevuto. Un improvviso interesse, dopo l’esplosione di una crisi politica che a Brusciano si respirava da tempo. Come se prima, le sparatorie, il terrore, le estorsioni, un morto ammazzato e diversi feriti a colpi di arma da fuoco non fossero stati così degni dell’attenzione di chi deve governare il Paese.
“Io sono stato vittima di un agguato, spararono dall’alto contro la mia macchina mentre ero con la mia bambina”, racconta D., imparentato con una delle persone ritenute ai vertici del gruppo che gestisce la vendita di stupefacenti nella 219. “Io non c’entro nulla con questi giri, io lavoro in un magazzino”, dice ricordando quell’episodio. I carabinieri hanno da poco lasciato il quartiere. Decine di militari dell’Arma, con l’unità del Nucleo cinofili di Sarno, hanno perquisito soggetti noti e abitazioni. Si tratta solo dell’ultima delle numerose operazioni eseguite negli ultimi anni che hanno portato a sequestri e arresti, anche di personaggi di spicco nei gruppi di camorra contrapposti.
Sono tante le brave persone che vivono nel quartiere, che convivono con le attività imposte dalla camorra, e spesso devono subirne le conseguenze: macchine distrutte, tossicodipendenti tra i piedi, sparatorie, soprusi, controlli in casa durante i blitz delle forze dell’ordine, porte rotte, cantinole devastate e linee telefoniche interrotte durante le perquisizioni. Talvolta trovano nella malavita quel sostegno che viene a mancare dallo Stato. “In questa pandemia ci sono stati giorni in cui a casa non riuscivamo a fare nemmeno la spesa. Avevamo fatto richiesta per i buoni alimentari, ma il nostro nome non risultava da nessuna parte. Un giorno vennero a bussare alla mia porta con un pacco pieno di alimenti. Eravamo veramente in difficoltà e accettammo”, racconta un residente. Spesso, ci svelano, qui girano per le case regalando pacchi alimentari e soldi. E’ la malavita che si insinua nell’abbandono e nel degrado.
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Questo articolo descrive perfettamente una realtà cui la società civile e tutte le parti sane delle istituzioni dovrebbero dare più attenzione…