“La nostra disobbedienza civile non violenta contro il G20”

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A causa delle azioni umane il clima del pianeta sta cambiando mettendo a rischio la vita dell’uomo stesso. Bisogna urgentemente fare qualcosa per ridurre i comportamenti termoalteranti e con questo proposito, in vista del cop26 di Glasgow, i presidenti delle 20 nazioni più inquinanti della Terra si sono riuniti a Roma per decidere una linea d’azione comune che punti alla riduzione dell’utilizzo dei combustibili fossili.

Sono molti gli scettici che dubitano delle intenzioni dei capi di stato i quali, per avviare un reale cambiamento che faccia rientrare l’allarme climatico, dovrebbero investire ingenti quantità di danaro per incoraggiare una riconversione green e abbandonare completamente l’utilizzo di pratiche inquinanti.

L’ambizioso traguardo di mantenere entro 1,5°C l’aumento della temperatura globale fa storcere il naso a molti stati che ad oggi contano con un imponente apparato industriale alimentato dal carbone. Cina (9.838.754.028  tonnellate di CO2 all’anno), USA (5.269.529 tonnellate di CO2 all’anno), India (2.466.765 tonnellate di CO2 all’anno) e Russia (1.692.794 tonnellate di CO2 all’anno) sono gli stati più inquinanti. E sono proprio questi 4 stati quelli che stanno facendo melina nel tentativo di rinviare il più possibile l’implementazione delle nuove misure.

In realtà, secondo i report del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), il punto di non ritorno è più vicino di quel che si pensi e, nei prossimi decenni, l’aver anteposto gli interessi economici alla salute del pianeta potrebbe portare all’estinzione di numerose specie viventi, incluso l’essere umano.

In quest’ottica non proprio rosea, ai cittadini del mondo non restano molte alternative; se da una parte i politici non hanno la capacità o la volontà di leggere la situazione ed agire di conseguenza, dall’altra sono numerosi i gruppi di attivisti che si stanno organizzando per aumentare anche il tasso di consapevolezza nella popolazione mondiale affinché aumenti la pressione anche sui rispettivi capi stato.

Uno dei gruppi più attivi sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici e che in questo frangente si sta adoperando per fermare la perdita di biodiversità e minimizzare il rischio di estinzione umana a causa del collasso ecologico e sociale si chiama Extinction Rebellion (XR). Nato nel 2018 in Inghilterra, ad oggi il movimento XR ha preso piede in tutto il mondo e si sta facendo notare attraverso la pratica di disobbedienza civile non violenta che utilizza le azioni dirette e l’arresto di massa come tattica per cercare di raggiungere i suoi obiettivi.

Un esempio di questa strategia è stato messo in atto a Roma nel pieno del G20 quando un gruppo di 60 attivisti del Climate Camp alle 7,30 del mattino ha bloccato via Cristoforo Colombo armato di soli cartelli. La grossa arteria stradale romana che porta all’EUR, il quartiere blindato che ha ospitato il summit del G20, è rimasta bloccata per oltre un’ora da questo gruppo che in maniera pacifica ha protestato contro l’ipocrisia dei grandi della terra.

“All’interno della Nuvola stanno decidendo a porte chiuse cosa sarà del nostro futuro – hanno spiegato i manifestanti –. Non sembrano intenzionati a cambiare le loro politiche sull’uso di combustibili fossili e sulle emissioni di CO2. Questo è il nostro modo per esprimere il nostro dissenso”. Numerosi canti hanno accompagnato la manifestazione fra cui l’ormai celebre “Solid as a rock, rooted as a tree, we are here, standing strong, in our rightful place” (nda: solido come una roccia, radicato come un albero, siamo qui, restiamo saldi al posto che ci spetta).

Le forze di polizia, intervenute in assetto anti sommossa, non hanno potuto fare altro che rimuovere di peso i manifestanti che non hanno opposto alcuna resistenza continuando pacificamente a cantare per tutto il tempo.

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