“Gli Stati Uniti pagheranno un caro prezzo”, è la minaccia arrivata da Pechino per la visita a Taiwan della speaker della Camera degli Stati Uniti, Nancy Pelosi. Pelosi è atterrata a Taipei nonostante gli avvertimenti della Cina e l’ opera di dissuasione esercitata dalla Casa Bianca. Il motivo del suo viaggio lo ha chiarito via social appena ha messo piede in Taiwan: “La nostra visita ribadisce che l’America è con Taiwan: una democrazia solida e vivace e il nostro importante partner nell’Indo-Pacifico”.

I rapporti tra Cina e Taiwan da tempo sono tesi. Taiwan si considera uno stato indipendente. Per la Cina invece è la sua provincia separatista e la reclama come suo territorio: Pechino ha più volte annunciato la disponibilità a ricorrere anche alla forza per la “riunificazione della madrepatria”.

In tale contesto, il viaggio della Pelosi inasprisce i rapporti tra Cina e Stati Uniti, nonostante il presidente Biden non lo abbia sostenuto. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, alla vigilia della visita della Pelosi aveva avvertito che il suo paese avrebbe adottato “misure ferme e risolute” per il suo arrivo.

“Se la parte statunitense insiste per andare avanti, l’esercito cinese non resterà mai inattivo e adotterà misure forti per contrastare qualsiasi interferenza esterna e tentativi separatisti di ‘indipendenza di Taiwan'”, ha detto al China Daily il colonnello cinese Tan Kefei. I numerosi tank dell’esercito cinese che sono arrivati nelle ultime ore nei territori al confine con Taiwan fanno temere per una risposta militare.

In questa situazione, la Russia ha voluto esprimere il suo appoggio alla Cina: la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, su Telegram ha detto che “Washington sta portando destabilizzazione nel mondo. Non ha risolto un singolo conflitto negli scorsi decenni, ma ne ha provocati molti”.

Nancy Pelosi già in passato si era resa protagonista di iniziative eclatanti contro la Cina. “A coloro che sono morti per la democrazia in Cina” era scritto sullo striscione che nel 1991 aprì a sorpresa in piazza Tienanmen, due anni dopo le proteste che furono represse brutalmente dal governo cinese. Pelosi ha reclamato in passato il rilascio di attivisti tibetani e cinesi dal carcere. E nei mesi scorsi, mentre la Cina si preparava a ospitare le Olimpiadi invernali del 2022, è intervenuta sulla repressione della Cina nei confronti degli uiguri e di altri gruppi etnici per lo più musulmani situati nella regione nord-occidentale dello Xinjiang.

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