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Un rapporto passato un po’ inosservato, l’ultimo pubblicato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) sul lavoro forzato e il matrimonio forzato. Forse perché l’esito che viene fuori dall’elaborazione dei dati non fornisce un dato così scontato, ossia che negli ultimi cinque anni sono aumentati in modo significativo lavoro forzato e matrimonio forzato. La cosiddetta “schiavitù moderna“. E la sorpresa è che non è confinata nei paesi poveri lontani dal mondo occidentale: più della meta del lavoro forzato – il 52% – si concentra nei Paesi ricchi, quindi a reddito alto e medio-alto. A livello globale, secondo i dati rilevati, nel 2021 erano 50milioni le persone in schiavitù moderna, 10milioni in più rispetto alle stime globali del 2016. Sul totale degli “schiavi”, 28 milioni erano ai lavori forzati e 22 milioni erano intrappolati in un matrimonio forzato.

Il lavoro forzato

Secondo le stime del rapporto dell’organizzazione del lavoro delle Nazioni Unite, la maggior parte dei casi di lavoro forzato (86%) si riscontra nel settore privato. Il lavoro forzato in settori diversi dallo sfruttamento sessuale commerciale rappresenta il 63% di tutto il lavoro forzato, mentre lo sfruttamento sessuale commerciale forzato rappresenta il 23% di tutto il lavoro forzato. Quasi quattro persone su cinque vittime di sfruttamento sessuale commerciale forzato sono donne. Secondo la Convenzione ILO sul lavoro forzato, 1930 (n. 29) , il lavoro forzato si riferisce a “ogni lavoro o servizio che è preteso da qualcuno sotto minaccia di qualsivoglia pena e per il quale detto soggetto non si è offerto volontariamente”.

Donne, bambini e migranti i più vulnerabili

I più vulnerabili restano le donne e i bambini: quasi uno su otto di tutti i lavoratori forzati sono bambini (3,3 milioni) e più della metà di questi sono vittime di sfruttamento sessuale commerciale. A donne e bambini, si aggiungono i migranti, che hanno una probabilità tre volte maggiore di essere coinvolti nel lavoro forzato rispetto ai lavoratori adulti non migranti.

Il matrimonio forzato

Per il rapporto pubblicato, la schiavitù moderna, oltre che di lavoro forzato si compone anche del matrimonio forzato. In entrambi le situazioni sussiste uno sfruttamento che una persona non può rifiutare o non può abbandonare a causa di minacce, violenze, coercizione, inganno o abuso di potere. Stando alle rilevazioni di Ilo, 22milioni di persone nel 2021 vivevano in un matrimonio forzato, 6,6 milioni in più rispetto alle stime globali del 2016. La stragrande maggioranza dei matrimoni forzati (oltre l’85%) è determinata dalla pressione della famiglia. E, sebbene due terzi (65%) dei matrimoni forzati si trovino in Asia e nel Pacifico, se si considera la dimensione della popolazione regionale, la prevalenza è più alta negli Stati arabi, con 4,8 persone su 1.000 nella regione in matrimonio forzato.

Sui matrimoni in cui sono coinvolti bambini di età pari o inferiore a 16 anni, le stime – avverte il rapporto – probabilmente sono al ribasso, quindi potrebbero non rappresentare la reale incidenza dei matrimoni forzati, che potrebbe essere più alta.

Pandemia, guerre e clima, cause dell’aumento

Il peggioramento dei dati sulla schiavitù può essere spiegato da un mix di “crisi aggravanti”, afferma il rapporto, che va ad aumentare la povertà e quindi il rischio di riduzione in schiavitù. Tra i fattori aggravanti, si riporta la pandemia da Covid-19, ad esempio, che ha causato gravi interruzioni del reddito delle persone, portando a un aumento del debito, che in alcuni casi potrebbe essere sfruttato nel lavoro forzato. L’ILO afferma che la pandemia ha portato per la prima volta in 20 anni a un aumento della “povertà globale estrema”. Oltre alla pandemia, anche guerre e conflitti armati portano a circostanze terribili o al reclutamento di bambini per lavorare o servire come bambini soldato. Anche il cambiamento climatico dà il suo contributo in negativo,  costringendo le persone a lasciare le proprie case e diventare migranti, esponendole così immediatamente a un rischio maggiore di finire in condizioni di schiavitù.

Gli sforzi necessari

Il rapporto richiede uno sforzo internazionale per raccogliere risorse – e intenzioni genuine – per risolvere il problema. “Le promesse e le dichiarazioni di buone intenzioni non bastano”, avverte.

Il Direttore Generale dell’ILO, Guy Ryder, ha parlato di una situazione “scioccante”.  “Sappiamo cosa deve essere fatto e sappiamo che si può fare – ha aggiunto -. Sono fondamentali politiche e normative nazionali efficaci. Ma i governi non possono farlo da soli. Gli standard internazionali forniscono una solida base ed è necessario un approccio pratico. I sindacati, le organizzazioni dei datori di lavoro, la società civile e la gente comune hanno tutti un ruolo fondamentale da svolgere”.

António Vitorino, Direttore Generale dell’OIM, l’organizzazione internazionale della Migrazioni che ha lavorato al rapporto con l’ILO e Walk Free, organizzazione internazionale per i diritti umani, ha parlato dell’urgenza di “di garantire che tutta la migrazione sia sicura, ordinata e regolare” per contribuire a un miglioramento della situazione. “La riduzione della vulnerabilità dei migranti al lavoro forzato e alla tratta di persone – ha affermato – dipende in primo luogo dalle politiche e dai quadri giuridici nazionali che rispettano, proteggono e realizzano i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti i migranti – e potenziali migranti – in tutte le fasi del processo migratorio , indipendentemente dal loro status migratorio. L’intera società deve collaborare per invertire queste tendenze scioccanti, anche attraverso l’attuazione del Global Compact sulla migrazione”.

Grace Forrest, direttrice fondatrice di Walk Free, ha dichiarato: “La schiavitù moderna è l’antitesi dello sviluppo sostenibile. Eppure, nel 2022, continua a sostenere la nostra economia globale. È un problema creato dall’uomo, connesso sia alla schiavitù storica che alla persistente disuguaglianza strutturale. In un periodo di crisi aggravate, la vera volontà politica è la chiave per porre fine a queste violazioni dei diritti umani”.

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