Devozione assoluta. Immedesimazione da parte di un intero popolo pronto a rivolgersi continuamente a lui per trarre sostegno, in un rapporto diretto che ha come protagonisti anche coloro costretti ad andare via dalla città per varie ragioni. E, anzi, proprio perché elemento consolatorio dalla lontananza, in certi casi il legame addirittura si rafforza. San Gennaro, patrono della città di Napoli, è questo e molto altro per i cittadini di Partenope: un simbolo di identificazione e di protezione, che trasborda i confini arrivando ovunque nel mondo. Proprio per tali riconosciute capacità, con il dibattito tra fede e scienza sempre aperto, la Curia di Napoli, la Regione Campania, il Comune di Napoli l’Università Federico II hanno avanzato la richiesta di inserire il Culto e devozione di San Gennaro a Napoli e nel Mondo nell’elenco del patrimonio immateriale dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura.

San Gennaro e il “miracolo’’

Napoli e San Gennaro, San Gennaro e Napoli. Un rapporto sincretico, che trova la sua massima espressione nel “miracolo’’ dello scioglimento del sangue. Parliamo della celebre giornata del 19 settembre, quando i fedeli affluiscono al Duomo di Napoli aspettando che dall’ampolla dove è custodito, il sangue che si ritiene sia di San Gennaro si sciolga, trasformandosi in massa liquida da solida. Ogni anno ci si contrappone tra il credere al miracolo e la fredda spiegazione degli scienziati. Ma i napoletani – e non solo, a dire il vero – non hanno mai avuto dubbi da che parte stare: San Gennaro è il loro punto di riferimento, il loro fratello maggiore che può indirizzare in un modo o nell’altro il destino di Napoli. Se il miracolo della liquefazione avviene, sarà un buon augurio per la città e per i suoi abitanti. Al contrario, si addensano le nubi della sventura. Qualche esempio? L’epidemia di colera a Napoli del 1973, il terremoto che travolse l’Irpinia, ma in parte anche la stessa Napoli, del 1980 o anche il 16 dicembre del 2020 quando la seconda ondata di Coronavirus travolse nuovamente l’Italia intera e anche Napoli. In tutte queste occasioni, il sangue nell’ampolla rimase rappreso. La prima testimonianza del miracolo di “Faccia Gialla’’, così è anche nominato San Gennaro per colore d’oro della statua portata in processione a maggio, risale secondo studi storici, al 1389. Ma è un’altra da scolpire nel cuore e nella mente di chi ha il culto di San Gennaro: 16 dicembre 1631 quando, si dice, San Gennaro contrastò la furia dell’eruzione del Vesuvio fermando la lava. Da allora, il 16 dicembre di ogni anno si ringrazia San Gennaro per il miracolo compiuto. L’altro momento dell’anno in cui il santo viene omaggiato è quello del sabato antecedente la prima domenica di maggio quando si svolge la rituale processione della statua bordata d’oro (ecco, perché “Faccia Gialla’’), dal Duomo di Napoli alla chiesa del complesso di Santa Chiara, altro luogo di culto fondamentale per i napoletani e meta di tanti turisti.

19 settembre, festa di San Gennaro

Ma è il 19 settembre la festa di San Gennaro e in cui tutti si aspettano il miracolo. Perché proprio il 19 settembre? Perché fu quello il giorno in cui, nel 305 d.C., secondo narrazioni storiche San Gennaro, nato nella città di Benevento nel 272 d.C., fu decapitato all’Anfiteatro di Pozzuoli nel periodo in cui i cristiani venivano perseguitati per volere dell’imperatore romano Diocleziano. In quell’occasione, si racconta, le belve che avrebbero dovuto sbranare il vescovo e futuro martire si inchinarono invece a lui. Chi doveva giustiziarlo, optò perciò per la decapitazione. Avvenuta l’esecuzione, leggenda vuole che una donna di nome Eusebia raccolse parte del sangue di San Gennaro portandolo poi nell’allora paesino di Antignano a un vescovo di nome Cosimo che aveva recuperato in località Agro Marciano la testa decapitata di San Gennaro. Sangue e testa furono poi portati al Duomo di Napoli andando a formare quel tesoro di San Gennaro, ampio di cimeli e oggetti di valore, ammirato da tutto il mondo.

La candidatura a Patrimonio immateriale Unesco

Il miracolo annuale in cui milioni di fedeli, ma anche i laici, sperano; la storia tramandata nei secoli della sua protezione e l’essere figura consolatoria per chi da Napoli è lontano, sono motivi sufficienti per avanzare la candidatura del Culto e devozione di San Gennaro a Napoli e nel Mondo quale patrimonio immateriale dell’Unesco. La presentazione ufficiale dell’inizio di tale percorso, che dovrà passare anche attraverso il Ministero dei Beni Culturali – sponda fondamentale per proseguire nella strada del riconoscimento – si è tenuta sabato 26 novembre al complesso di Largo Donnaregina, altro riferimento storico e religioso di Napoli. Partecipando all’incontro con il Ministro per i Beni Culturali, Giuliano Sangiuliano, i sindaci di Pozzuoli e Benevento, Luigi Manzoni e Clemente Mastella, il rettore della Federico II di Napoli, Matteo Lorito, e all’arcivescovo emerito di Napoli, Crescenzio Sepe, l’arcivescovo metropolitano di Napoli, don Mimmo Battaglia, ha detto: “San Gennaro rappresenta la risonanza culturale e popolare a Napoli e nel mondo, la millenaria vicenda di Napoli e del popolo campano scorre in noi attraverso il suo sangue in cui i napoletani hanno visto negli anni il proprio sangue speso per una lotta di società giusta ed equa, un sangue sparso nella storia qui contro le barbarie e la criminalità organizzata”. Don Mimmo Battaglia, da quasi due anni a capo della Curia di Napoli, ha fatto poi riferimento a un evento storico per suffragare ulteriormente il rapporto tra la città partenopea e San Gennaro. “Napoli è anche culla di libertà, è stata l’unica città a liberarsi da sola dall’occupazione nazifascista, due anni prima della liberazione: le 4 giornate furono un episodio eroico di amore per la libertà. I Napoletani liberarono Napoli senza eserciti e anche su questo San Gennaro fu maestro”. “Secondo alcune statistiche, il culto di San Gennaro arriva sino a 20 milioni nel mondo e non si tratta solo di credenti ma anche di laici. La rete intrecciata è spessa , le parole dell’arcivescovo emerito di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, in prima linea a lanciare l’iniziativa sostenuta da Regione Campania e Comune di Napoli.

La figura di San Gennaro, per sua stessa ammissione, ha un ascendente anche sull’attuale ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, nato nella zona di via Foria, altro luogo anche questo non distante dal Duomo di Napoli e che porta proprio il nome del santo come milioni di altri napoletani. Promettendo impegno per portare avanti la candidatura di all’Unesco, Sangiuliano si è riferito a San Gennaro come “identità innanzitutto morale ed etica, che va al di là della morale religiosa. San Gennaro è simbolo della tradizione partenopea ma è un’entità che in tutto il mondo si è fatta ascoltare, quindi mettiamo massima attenzione a questa richiesta del suo ingresso nel patrimonio dell’Unesco”. “Non pretendiamo che San Gennaro sia più santo degli altri ma è l’unico caso in cui la città si è costruita antropologicamente attorno a lui con la sensibilità, il costume”, le parole di Adolfo Russo, presidente del Comitato Promotore e Direttore del Museo Diocesano, che ha aggiunto: “I napoletani quando sono costretti a emigrare portano con sé San Gennaro, come così avviene quando c’è uno sfratto di casa San Gennaro ha fatto grande Napoli, ma Napoli ha fatto conoscere San Gennaro in tutto il mondo” . A plaudire all’iniziativa di far riconoscere San Gennaro come patrimonio immateriale dell’Unesco anche l’antropologo Marino Niola, docente di Antropologia dei Simboli all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. “Il grande acquisto di questa candidatura è il riconoscimento di Napoli. Il culto di San Gennaro – secondo Niola – non è solo un fenomeno locale ma appartiene all’umanità. San Gennaro, essendo anche il simbolo riassuntivo, rappresenta la cultura di Napoli nel mondo”.

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