Il 20 febbraio del 1843 lo scrittore e filosofo danese Søren Kierkegaard pubblica “Enten-Eller”, opera conosciuta anche con il nome di “Aut-Aut”, un testo chiave dell’esistenzialismo. Si potrebbe dire che a partire dal momento storico della sua uscita, con il termine esistenzialismo verranno designati tutti quegli indirizzi del pensiero contemporaneo che intendono la filosofia come analisi dell’esistenza, cioè del modo d’essere specifico, originale e proprio dell’uomo.

In “Aut-Aut” al centro del discorso vi è il singolo individuo che nel corso della sua esistenza, trovandosi davanti ad un bivio, è costretto a scegliere “o questo o quello”. In “Aut-Aut” lo scrittore danese sostiene che l’individuo è obbligato a scegliere tra la vita estetica, disimpegnata e “ispirata al sogno di vivere poeticamente”, e la vita etica, ossia quella dell’uomo che, al contrario, sceglie di scegliere e si prende la responsabilità della propria condizione esistenziale.

Tra i volumi che compongono l’opera, scritto centrale è il “Diario del seduttore“, la trasfigurazione letteraria della vita estetica, anche conosciuta come primo stadio dell’esistenza. La tessitura del romanzo epistolare e diaristico “Diario del seduttore” non è per nulla articolata: si apre con una voce narrante che rievoca un episodio che “si presenta innanzi egualmente angoscioso”. Si tratta del ritrovamento di “alcuni fogli sparsi” che contengono nient’altro che “allusioni a episodi erotici”. L’autore di questi fogli è un tale Giovanni, un uomo che “si serviva degli individui soltanto come incitamento per gettarli poi via da sé, così come gli alberi si scrollano delle foglie”. Giovanni viene descritto come un seduttore atipico che, a differenza del Don Giovanni mozartiano, non va costantemente a caccia di gonnelle poiché egli, come direbbe il filosofo italiano Remo Cantoni, ha una natura contemplativa e riflessiva, sempre a caccia di espedienti psicologici.

A seguire si leggono racconti diaristici di Giovanni e le lettere scritte da quest’ultimo a Cordelia, la donna da lui sedotta e abbandonata. Non vi è un grande sviluppo di trama, bensì un’accurata rappresentanza dell’angoscioso mondo interiore del seduttore, che costantemente elabora intrighi e medita un modo per fuggire subito dopo aver sedotto la sua preda. Il linguaggio di Giovanni è piuttosto ricercato, quasi a sottolineare che non tanto la storia ha importanza, bensì le parole e l’atteggiamento mentale del seduttore.

Il romanzo termina in modo prevedibile: Giovanni abbandona Cordelia. “Tutto è finito, e io chiedo di non vederla mai più”, dice Giovanni. E ancora: “Non desidero ricordare questa mia relazione con lei; ella ha perduto ogni profumo”. La trama dunque giunge all’epilogo in modo banale e scontato: alla fine della storia Giovanni perde il suo interesse per la persona amata e così subentra la noia.

È evidente che Kierkegaard con il suo scritto condanna la vita estetica, che può essere superata solo dalla vita etica (rappresentata simbolicamente dalla figura del marito). Tuttavia rimane il dubbio se l’autore sia in un certo senso compiaciuto del suo personaggio, e se in qualche modo condivida, in parte, i suoi valori. Sappiamo che Kierkegaard nel 1837 lascia la casa paterna poiché in continuo conflitto con il padre, che malvedeva il suo tentativo di rendersi interessante ed eccentrico al tempo stesso. Sappiamo, inoltre, che nel 1840 Kierkegaard, dopo essersi licenziato in Teologia, si fidanza ufficialmente con Regina Olsen, ma a pochi giorni dal fidanzamento ne esce pentito e consapevole che il matrimonio non faccia al caso suo.

Sarà Regina Olsen, che a seguito della separazione dall’amante, ha minacciato il suicidio, ad alimentare l’idea di Kierkegaard di essere uno spietato seduttore. Così dalle pagine dell’opera ‘Diario del seduttore’, si apre uno scorcio che lascia intravedere una delle possibili sfumature della vita del celebre autore danese.

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