Nel 1862 veniva pubblicato il romanzo storico “I Miserabili”, di Victor Hugo. Senza ombra di dubbio, è una lettura impegnativa. Ma allo stesso tempo essenziale ed attuale. I protagonisti principali sono descritti come soggetti la cui gioventù spesso “è consumata in un lavoro faticoso e mal retribuito”. La società che nel romanzo viene rappresentata è ingiusta, “s’allontana e consuma l’irreperibile abbandono d’un essere pensante”.

Il libro pone grandi interrogativi sulla questione penale e sulla condanna sancita dalla legge. In prima pagina, tuttavia, l’intento dell’autore è più che esplicito e significativo: “fino a quando – scrive l’autore – i tre problemi del secolo, l’abbruttimento dell’uomo per colpa dell’indigenza, l’avvilimento della donna per colpa della fame e l’atrofia del fanciullo per colpa delle tenebre, non saranno risolti […], i libri del genere di questo potranno non essere inutili”.

La trama è stata studiata e progettata nei minimi dettagli: nonostante ci siano molte digressioni e cenni storici, si riesce a seguire bene gli eventi e gli avvenimenti. I personaggi, attraverso pensieri, parole e azioni, rivelano un tratto distintivo del proprio carattere. In più, ogni singolo dramma personale suscita curiosità ed avvicina il lettore al personaggio. La prosa è elegante, poetica e scorrevole e non si può fare a meno di leggere e rileggere descrizioni come la seguente: “Quanto a Fantine, era la gioia in persona. Pienotta di faccia e delicata di profilo, gli occhi d’un azzurro profondo, le palpebre morbide, i piedini arcuati, i polsi e le caviglie mirabilmente affusolati, la bianca pelle che lasciava scorger qua e là le azzurrine arborescenze delle vene, le gote infantili e fresche ed il collo robusto delle Giunoni eginetiche”. Il ritmo narrativo di tanto in tanto si arresta, ma alla fine di ogni capitolo il lettore è spinto a leggere la pagina successiva per sapere come si svolgerà la vicenda.

La trama, nel dettaglio

L’opera è suddivisa in cinque volumi e ciascun volume, eccetto il quarto, riporta il nome dei personaggi principali (Fantine, Cosette, Mario e Jean Valjean).

Nel primo libro viene introdotto ai lettori il vescovo di Digne, monsignor Charles Francois Bienvenue Myriel, “un vecchio di circa settantacinque anni, che occupava quel seggio dal 1806”. L’autore si sofferma sulla figura di questo primo personaggio descrivendolo accuratamente. Sin dalle prime pagine sappiamo che il vescovo è il figlio di un consigliere del parlamento d’Aix e che in passato “aveva speso la sua vita e nel bel mondo e negli intrighi amorosi”. Negli anni della Rivoluzione, tuttavia,” le famiglie dei membri del parlamento furono decimante, scacciate e perseguitate e Charles Myriel emigrò in Italia, dove morì la moglie”. Si sa di lui che, proprio in quel periodo in Italia, forse per una crisi mistica, diventò prete.

Lungo il racconto (nei primi d’ottobre del 1815 per l’esattezza), l’ormai nobile e generoso vescovo di Digne incontra un viandante affamato e stanco a cui dà ospitalità nella sua casa. Quel viandante, però, è un giovane potatore di nome Jean Valjean, nonché un ex detenuto abbruttito dalla prigione e da quella stessa legge che lo ha condannato per aver rubato un pezzo di pane. Valjean, durante il soggiorno nella dimora del vescovo, ruba dell’argenteria che trova in alcuni cassetti e fugge, ma non fa in tempo a scappare che viene catturato da alcuni brigadieri. Riportato in casa del vescovo, viene scagionato e benedetto dal vescovo stesso, che gli regala altri candelieri.

L’incontro significativo con il vescovo trasforma interiormente Jean Valjean, ma l’uomo non fa in tempo a dire a sé stesso “sono un miserabile” che si ritrova lungo ad una strada, con in mano una moneta da quaranta soldi rubata ad un fanciullo. Quello stesso anno Jean Valjean si stabilisce a Montreuil a mare e per nascondere la sua vera identità si fa chiamare papà Madeleine. Papà Madeleine diventa ricco rivoluzionando la fabbricazione degli “articoli neri”. Nonostante ciò, esercita la carità e, proprio per questo, di lì a pochi anni viene nominato sindaco dai cittadini.

L’amore per il prossimo addirittura spinge papà Madeleine a prendersi cura di Fantine, un’ex dipendente di una delle sue fabbriche, cacciata dalla direttrice del personale perché ragazza-madre. Costretta a dare in affidamento la figlia e divenuta prostituta per necessità, Fantine viene sorpresa dall’ispettore di polizia Javert mentre “balzava come una pantera su un uomo, ficcandogli le unghie sul viso, colle più spaventose frasi che possano cadere nel fango della strada da un corpo di guardia”.

Destinata a sei mesi di prigione, viene liberata da papà Madeleine, che fa da mediatore tra lei e Javert. L’ispettore di polizia, contrario a liberarla, esegue gli ordini del sindaco e da quel momento la vicenda si complica: Fantine si ammala gravemente e a distanza di qualche settimana Javert, che già da tempo sospettava del sindaco, confessa a papà Madeleine di “averlo denunciato come antico forzato che ha rubato a casa d’un vescovo”; ma l’ispettore rivela anche che papà Madeleine e Jean Valjean non possono essere la stessa persona in quanto ad Arras un uomo chiamato Jean Valjean è stato arrestato e rischia l’ergastolo. Lo scambio di identità spinge papà Madeleine a partire ed una volta sul luogo del processo, Jean Valjean confessa in pubblico di essere “il vero Jean Valjean”. A questo punto, papà Madeleine torna a Montreuil a mare per raggiungere Fantine e contemporaneamente Javert arriva per incarcerare l’ex sindaco.

Jean Valjean riesce a scappare e, ormai latitante, si reca a Montfermeil, per andare a prendere la figlia di Fantine, Cosette, come gli aveva promesso. La bambina era stata affidata ai terribili Thénardier e viveva in condizioni miserabili. Jean Valjean, dietro al pagamento di una somma di danaro pattuita con il signor Thénardier, riesce a prendere con sé Cosette e si reca a Parigi per nascondersi nella stamberga Gorbeau. Sfortuna vuole che Javert, promosso ispettore a Parigi, riesce a stanare la sua preda proprio là, nella stamberga Gorbeau.

Jean Valjean fugge assieme a Cosette, e grazie a Fauchelevent, un ex carrettiere conosciuto a Montreuil, si nasconde in un convento chiamato il Pepit-Picpus. Jean Valjean e Cosette prendono un alloggio in Rue Plumet. Durante le passeggiate ai Giardini del Lussemburgo, Cosette vede un giovane di nome Mario, uno studente bonapartista diseredato dal nonno monarchico. Tra i due si instaura una reciproca intesa anche se si vedono soltanto ai Giardini del Lussemburgo, da lontano, senza mai parlarsi.

La trama, poi, si complica ulteriormente, poiché Mario, che è figlio di un ufficiale napoleonico, ha giurato a sé stesso di adempiere alle volontà del padre, ossia trovare un certo Thénardier, l’uomo che gli ha salvato la vita, e fare di tutto per ricambiare il debito di gratitudine. Il giovane innamorato di Cosette, tuttavia, è ignaro del fatto che Thénardier, in realtà, ha aiutato suo padre con il solo intento di spogliarlo delle sue ricchezze, e che peraltro è lo stesso uomo che a Montfermeil trattava in maniera crudele la sua amata. Da qui segue un intreccio complesso e ricco di colpi di scena, sino ad arrivare alla rivolta antimonarchica del giugno 1832, nonché alla risoluzione della trama, che a questo punto è meglio non svelare.

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