Una malattia degenerativa comune, che impedisce loro di lavorare per raggiungere quella sicurezza economica necessaria al sostentamento e al pagamento di un affitto. Proprio in virtù di queste ristrettezze economiche dovute a un precario stato di salute e alla preclusione a un impiego continuativo, hanno sul groppone uno sfratto esecutivo per morosità dalla loro minuscola casa di 30 mq, con il rischio di ritrovarsi in autunno in strada senza alcuna alternativa abitativa. Nella Napoli del turismo a go-go e della bolla speculativa dei bed and breakfast che ha fatto lievitare a dismisura i prezzi di affitti e mutui, si incunea la vicenda di Cristina De Maria, 53 anni, e di sua figlia Francesca Piccolo, 22 anni, entrambe sofferenti della sindrome di Merrf.

Che cos’è la Merrf

Si tratta di una patologia rara che provoca sintomi come astenia, epilessia, ipomatosi, ioclono-epilessia, atassia, debolezza muscolare, sordità. Una vera cura della sindrome di Merrf non c’è e gli effetti spesso sono così pesanti da impedire a chi ci convive qualsiasi normale movimento. In questo modo, per Cristina e Francesca lavorare è davvero complicato, con una conseguenza tra le più drammatiche: un accumulo di pigione arretrato nel piccolo appartamento al civico 9 di via Domenico di Gravina del quartiere Materdei, nel centro di Napoli, da migliaia e migliaia di euro, con uno sfratto esecutivo già rinviato alcune volte e che ora ha una nuova data, quella del prossimo 13 ottobre. Praticamente un dentro o fuori.

Le parole di mamma e figlia

A Tell Cristina De Maria e Francesca Piccolo raccontano la loro storia. “Io sono separata da mio marito da quando Francesca aveva solo 3 mesi – racconta mamma Cristina – e devo provvedere a tutto io perché il papà non si interessa di nulla e i miei fratelli (in tutto sono 3, ndr.), che pure mi sono vicini, vivono a Cartagena, in Colombia’’. Per Cristina i problemi iniziano circa 10 anni fa, senza soluzione di continuità. Cristina ricorda: “Lavoravo nella farmacia dell’Addolorata in piazza Pignasecca (altro quartiere del centro storico di Napoli ndr.) con un contratto di terzo livello. Dopo 25 anni, alla morte della titolare sono stata licenziata. Dal 2015 in poi non ho avuto più la possibilità di pagare l’affitto perché ho fatto soltanto lavori saltuari’’.

Ma il vero colpo duro, è stata la scoperta della malattia un paio d’anni dopo. “La sindrome di Merrf si trasmette da madre in figlia, a confermarlo è stato il mio Dna dopo approfondimenti medici’’, tra il 2017 e il 2018. Dunque, essendo trasmissibile dopo il concepimento, anche Francesca ha ereditato suo malgrado la malattia. Ad attestare i sintomi di madre e figlia, gli esiti dei vari esami all’Azienda Ospedaliera Sanitaria della Federico II di Napoli e al Centro Clinico Nemo del Monaldi. Tra le altre difficoltà per Cristina, la parziale assenza di udito. “Leggo il labiale quando parlo con gli altri’’. Non solo: “Ho anche il lipoma”, ovvero una forma di tumore benigno che ingrossa la pelle del collo della donna. 

Nel frattempo, “sono sotto metabloccanti, prendo Aulin e altri medicinali, soffro di depressione e ho la pressione a 140 molto spesso”, confessa Cristina.

Francesca, che comunque come sua madre cerca di sorridere e di essere vicina a lei, dal canto suo, dice: “Io sono diplomata in scienze umane ma non riesco a trovare lavoro a causa della patologia. Sono sempre stanca, con dolori, mal di testa anche per il caldo, lo stress, sono epilettica. Ma principalmente ho dolori alle gambe e mi stanco facilmente. Avere uno stipendio buono da far convivere con la mia malattia è difficile. Mio padre ci ha abbandonato, sa della situazione, ma se n’è sempre fregato. La sanità italiana funziona meglio di quella colombiana, trasferirsi lì poi è difficile e il caldo della Colombia a Cartagena sarebbe per me problematico’’.

La pigione, gli arretrati, le difficoltà economiche, lo sfratto

Con tutti questi impedimenti, l’accumulo dei fitti arretrati in circa 9 anni ha raggiunto le decine di migliaia di euro, facendo un rapido calcolo. Per questo motivo, i proprietari dell’appartamento di via Domenico di Gravina 9 a Materdei hanno preteso lo sgombero perché le pigioni non sono state saldate. Nella mattinata di giovedì 30 giugno sono arrivati l’avvocato rappresentante, l’ufficiale giudiziario, le forze dell’ordine e un’ambulanza del 118 per dare esecutività allo sfratto.

A dare manforte a Cristina e Francesca con un presidio antisgombero gli attivisti della Campagna per il Diritto all’Abitare di Napoli, della rete Set contro la turistificazione selvaggia e a tutela degli abitanti, quelli dell’Ex Opg Je So Pazzo, i disoccupati del Movimento 7 Novembre e alcuni abitanti di Materdei. Il gruppo è riuscito a ottenere una proroga dello sgombero almeno sino al 13 ottobre e questo lasso di tempo sarà impiegato per tentare di trovare un alloggio alternativo a un canone equo mentre alcuni parroci del posto hanno chiesto tramite una lettera all’Arciconfraternita dei Pellegrini di Napoli, che dispone di alloggi nel capoluogo partenopeo, di ospitare Francesca e Cristina.

“Il papà degli attuali proprietari – ricostruisce Cristina – sapendo i sacrifici che sono stati fatti per arredare la casa, disse che avrebbe venduto l’appartamento con me dentro. Tutto sommato si tratta di un vecchio sottoscala da 35 mq, l’ho costruita io nel 1997 con i miei soldi e con il progettista del proprietario. È stato realizzato un soppalco dove io e Francesca dormiamo’’. E i costi? All’epoca la scrittura privata con lo stesso proprietario era, dice Cristina, “di 300 mila lire al mese, “poi nel 2007 è stato stipulato un contratto di 400 euro e 117 euro a nero, in totale 517 euro al mese’’.

Tutto cambia con l’arrivo dei figli del vecchio padrone di casa e le malattie dei genitori di Cristina. “I figli del vecchio proprietario, che stanno a Genova – dice la donna – hanno cambiato atteggiamento. Per 6 anni non sono stata più qui perché ho accudito i miei genitori a casa loro. Mia madre è morta nel 2018 e mio padre aveva l’Halzahimer e se n’è andato due anni dopo e il loro aiuto economico è venuto a mancare. Dovevo essere fuori già nel marzo 2020 ma paradossalmente la pandemia mi ha dato una mano. Ma nel frattempo la malattia è andata avanti, sono ipertesa e ho la pressione alta, altre cose che mi impediscono di lavorare. Sono andata a chiedere in giro e i fitti sono arrivati anche a 700 e 800 euro. Non posso nemmeno spostarmi in periferia perché non udendo bene e per le altre patologie non posso guidare. Andare lontano è difficile, per me. So che sono in difetto, ma sono davvero senza soldi e una cugina che pure si è messa a disposizione può ospitarci solo momentaneamente’’.

Al momento, l’unica piccola entrata per Cristina e sua figlia sono i 500 euro circa di reddito di cittadinanza, con il rischio di non percepirlo più dopo la riforma voluta dal governo Meloni. “Non prendo nemmeno la pensione, mi hanno dato dei consigli sbagliati. Poi, per caso, fortunatamente ho incrociato sulla mia strada l’Ex Opg e quelli della campagna per il diritto all’abitare che mi stanno indirizzando al meglio’’, riconosce Cristina. Poi ecco che riprende Francesca: “A livello pensionistico abbiamo saputo da pochi mesi la strada da intraprendere. Anche in funzione del reddito, ci hanno detto che potevamo vivere solo con quello ma so che il reddito non è per sempre. Dicono i giovani che non vogliono lavorare, ma sono stati proprio i giovani dell’Ex Opg e del diritto all’abitare a metterci sulla strada giusta. Le istituzioni non ci aiutano, noi vorremmo uscire da qui perché è umida, basta vedere le condizioni del bagno (e non solo) ma abbiamo bisogno di un supporto.

“Comune, Caritas, Curia, mi sono rivolta a loro tramite missiva e di persona, ma nessuno ci ha aiutato, nemmeno dopo essere stati a colloquio con un’assistente sociale. Ci avevano proposto di andare in un dormitorio uscendo alle 6 del mattino e tornando alle 18. Quando me l’hanno detto, mi si è annebbiata la vista. Io mi sforzo di essere positiva, ma resto fortemente in ansia. Forse mi comprerò una tenda e mi metterò di fianco alla Venere degli stracci incendiata, mi cacciano da lì?’’, si chiede sarcastica Cristina.

Dall’altra parte i proprietari reclamano circa 9 anni di affitti sospesi, dicendo nel frattempo di aver provveduto al pagamento di Imu e altri canoni e facendo leva sul decadimento al 1 gennaio 2022 allo stop degli sfratti causa crisi Covid e ricordando un ulteriore anno in cui Cristina e Francesca hanno vissuto a Materdei. Ora il tutto è rinviato al 13 ottobre, in precedenza c’era già stato un rinvio il 12 maggio, con le suppellettili già impacchettate dopo il colloquio tra Cristina e sua figlia Francesca, gli attivisti dell’Ex Opg, della Campagna per il diritto all’Abitare, della Rete Set del Movimento 7 Novembre da un lato, avvocato dei proprietari dell’appartamento, Digos e Ufficiale Giudiziario dall’altro.

I numeri degli sfratti a Napoli

Secondo dei dati forniti dalla Prefettura di Napoli, nell’anno 2023 in città gli sfratti esecutivi sono arrivati a 11.000. “Il mercato della casa è discriminatorio, lo scenario deve essere chiaro preso in carico dalle istituzioni – afferma Alfonso De Vito, della Campagna per il Diritto all’Abitare – Spingeremo per la presa in carico delle famiglie come quelle di Cristina e Francesca da parte delle istituzioni pubbliche, che devono dare risposte politiche. Le persone con disabilità o le famiglie sono totalmente escluse dalla possibilità di poter affittare una casa’’.

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