“Il Sosia” di Fedor Michajlovic Dostoevskij, pubblicato nel febbraio del 1846, narra la storia del consigliere titolare Jàkov Petròvic Goljàdkin, un uomo che a seguito di uno sdoppiamento psichico viene portato in manicomio.

Sin dalle prime pagine si osserva come Goljàdkin sia un uomo ambiguo e sospettoso, capace di ricamare ragionamenti contorti e tesi distorte. Nel romanzo è descritto come “una persona semplice, senza pretese e dall’aspetto modesto”, che davanti agli altri si mostra alquanto accomodante ma che in realtà va in cerca di litigi. Senza nessuna ragione di fondo, è convinto che le persone intorno a lui stiano minacciando la sua integrità fisica e morale.

La presenza di “un bel ragazzo alto” lo farà sentire come un insetto ed uno sguardo di troppo desterà in lui preoccupazioni insensate. Quando vedrà il suo “nemico” ballare con una donna ammaliante, Jàkov Petròvic Goljàdkin non si risparmierà neppure di compiere delle azioni riprovevoli. E tutto questo accadrà perché lui ama l’immagine di sé ancor di più di tutto il resto.

Il giudizio degli altri, dunque, non conta nulla, anzi, è un pretesto per attaccare briga e dimostrare la propria superiorità, il proprio savoir-faire. Ma chi sono gli altri? Perché davanti al suo medico (descritto anche come “il suo confessore”), Jàkov Petròvic Goljàdkin sente il bisogno di fare la distinzione “me”, “lei”, “gli altri”?

Nell’universo narrativo de “Il Sosia”, “gli altri” sono  Klara Olsùfievna, “unica figlia del consigliere di stato di Berendèev, un tempo benefattore del signor Goljàdkin”, Olsùfij Ivanovic (il padre di Klara Olsùfievna), Andrèj Filìppovic, “caposezione degli uffici a cui era addetto anche il signor Goljàdkin, Vladìmir Semenovic (nipote di Andrèj Filìppovic) ”. Ma in linea di massima si potrebbe dire che “gli altri” sono tutti coloro che, in modo reale o presunto, umiliano ed offendo l’integrità fisica e morale dello stesso  Jàkov Petròvic Goljàdkin.

La necessità di fare una distinzione tra sé e “gli altri” nasce dall’impossibilità del protagonista di distaccarsi da sé stesso. A causa di questo eccessivo amor proprio, tuttavia, nascono delle complicazioni, poiché l’ego, dinnanzi al rifiuto, allo scherno e alle offese, non può far altro che cercare un rifugio sicuro.

Così Jàkov Petròvic Goljàdkin diventa “l’uomo che vuole sfuggire a se stesso”, colui che “desidera annientarsi, non essere”. Rimuovere fatti ed avvenimenti che possono perturbare il suo equilibrio psico-fisico, dunque per lui sarà di fondamentale importanza. Ma, come insegna Freud, “il rimosso, in qualche modo, torna al nostro cospetto attraverso la situazione perturbante” e così a Jàkov Petròvic Goljàdkin appare il suo nemico principale: il sosia, Jàkov Petròvic Goljàdkin Junior.

L’incontro con il sosia avverrà in “una notte umida e nevosa”, a seguito di uno scandalo che vede come protagonista lo stesso Jàkov Petròvic Goljàdkin. Questo incontro creerà un crescendo di ansia e terrore. Ed il protagonista, divenuto schizofrenico e sopraffatto dalle manie di persecuzione, non potrà far altro che impazzire.

Lo stesso autore, sconfortato per la reazione della critica, parlando del romanzo, diversi anni dopo la pubblicazione, dirà: “Questo romanzo non mi è venuto affatto, ma la sua idea era piuttosto felice e io non ho mai sviluppato in letteratura niente di più serio di questa idea”.

Che sia un romanzo riuscito o no, quel che sappiamo è che questa “grande idea” ha permesso all’autore di addentrarsi nei meandri dell’inconscio, aprendo così la strada ad una vasta produzione letteraria che per vie traverse, per un lungo periodo di tempo, non farà altro che parlare di psicoanalisi.

La trama

Jàkov Petròvic Goljàdkin è un consigliere titolare “che tutti conoscono, ma che tutti conoscono soltanto da un lato”. Inizialmente, l’incontro accidentale con i suoi colleghi e con Andrèj Filìppovic, mostra come lui sia turbato alla loro vista.

Giunto davanti al suo medico, il suo confessore, egli svela in maniera confusa il suo interesse nei confronti di Klara Olsùfievna, la figlia di Olsùfij Ivanovic, il suo superiore. Inoltre traccia una netta distinzione tra lui, persona “pacifica” e gli altri, “i suoi perfidi nemici” che hanno giurato di condurlo alla perdizione.

Congedatosi dal medico, reputato uno stupido perché non ha capito il suo discorso, Jàkov Petròvic Goljàdkin si reca presso l’abitazione di Olsùfij Ivànovic, ma il domestico gli impedisce di entrare. Nonostante il rifiuto, si presenta nuovamente presso l’abitazione ed in modo rocambolesco riesce ad entrare. È il giorno del compleanno di Klara. Jàkov Petròvic Goljàdkin viene cacciato dalla casa a seguito di un tentativo fallito di far ballare con lui Klara Olsùfievna.

Così, il protagonista “moralmente distrutto” inizia a cercare una via di fuga per ritirarsi dal mondo, ma proprio in quel momento entra in scena un nuovo personaggio: è Jàkov Petròvic Goljàdkin ,il suo sosia. Il protagonista insegue invano il suo doppio, che lo schernisce e lo umilia ancor di più. Accade così l’impensabile: la figura del sosia di Goljàdkin incomincia a comparire ovunque, in società, sul luogo di lavoro, dinnanzi ad amici e colleghi. Jàkov Petròvic Goljàdkin, che da principio cerca di farsi amico il sosia, diventa il suo peggior nemico, in quanto “Jàkov Petròvic Goljàdkin Junior”, come lo chiama il narratore, non fa altro che sminuirlo e metterlo in ridicolo davanti a tutti.

Ormai divenuto autorevole e rispettabile in società, “Jàkov Petròvic Goljàdkin Junior” riduce “Jàkov Petròvic Goljàdkin Senior” allo stremo, fino a che quest’ultimo non impazzisce: convinto di partecipare ad una festa, il protagonista viene preso di forza e portato in manicomio.

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